Nel pomeriggio di domenica 5 febbraio 2006, mentre si trovava nella chiesa di Santa Maria a Trabzon (l’antica Trebisonda in Turchia) con il suo giovane aiutante turco, entrarono tre ragazzi che iniziarono a comportarsi con fare arrogante. Quando uscirono dalla chiesa Don Andrea Santoro si mise a pregare ed invitò il suo aiutante a fare altrettanto. Mentre erano lì un giovane entrò in chiesa: don Andrea vide che una pistola era puntata alle sue spalle e gridò al suo aiutante di buttarsi a terra; il giovane con la pistola gridò a gran voce “Allah è grande” e sparò due colpi trafiggendo i polmoni del sacerdote che rimase ucciso. l’ultimo proiettile ha perforato anche la Bibbia con la quale Don Andrea stava pregando. Il ragazzo islamico scappò, quindi attraverso il cortile della chiesa gridò ancora “Allah è grande” (se la grandezza di Allah è questa siamo a posto) sparando un terzo colpo di pistola in aria. In seguito fu arrestato e condannato per il delitto Ouzhan Akdil, 16 anni, che confessò di aver ucciso don Santoro perché sconvolto dalle vignette satiriche su Maometto apparse mesi prima su un quotidiano danese. Don Andrea Santoro era nato a Priverno in provincia di Latina il 7 settembre del 1945. Terzo figlio di un muratore e di una casalinga e fratello minore di due sorelle, entrò adolescente in seminario dove divenne compagno di Vincenzo Paglia, cofondatore della Comunità di Sant’Egidio e attuale Presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Nel 1970 finì gli studi di teologia alla Pontificia Università Lateranense e il 18 ottobre dello stesso anno divenne sacerdote nella parrocchia dei santi Marcellino e Pietro Ad Duos Lauros.
Nel 1994 divenne parroco della parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio a Villa Fiorelli, nel quartiere Tuscolano a Roma e conobbe il vescovo Franceschini, Vicario Apostolico dell’Anatolia. Grazie anche alle richieste di quest’ultimo, don Andrea ottenne il permesso di partire per la Turchia l’11 giugno 2000 quale sacerdote fidei donum, cioè concesso dalla diocesi di Roma alla Chiesa turca come sostegno pastorale.
L’11 settembre raggiunse Sanlurfa (antica Edessa) che sarebbe divenuta il luogo della sua prima residenza in Turchia. Dopo essere vissuto in un modesto appartamento, in accordo col vescovo prese in affitto una nuova casa in stile armeno che fece chiamare “La casa di Abramo” e adibì ad alloggio per piccoli gruppi di pellegrini. Durante il soggiorno a Sanlurfa, si prese cura anche della comunità cattolica di Trabzon (Trebisonda), dove dal 2001 non c’era più un sacerdote. Nel 2003 vi si trasferì stabilmente affrontando l’urgente restauro della chiesa e dell’ex-convento dei cappuccini: l’apertura quotidiana della chiesa permise a molti abitanti del luogo, che non conoscevano il Cristianesimo, di incontrarlo per fargli domande. Tale apertura tuttavia divenne presto causa di screzi con alcuni giovani, che spesso gettavano sporcizia e oggetti verso la chiesa e disturbavano don Andrea, fino a minacciarlo. Anche il restauro del cimitero cristiano fu ostacolato: la riparazione delle mura di cinta, ritenute giuridicamente un monumento storico, fu interrotta dai Beni Culturali. Poco dopo il cimitero cristiano fu profanato, le lapidi divelte, altre parti distrutte; i vicini vi ricavarono pezzi di orto; su metà dell’area fu costruita una scuola, in un’altra porzione una scalinata e una piazza.
Tuttavia Don Andrea non si perse d’animo in quanto non rivolgeva la propria attenzione solo alla piccola comunità cattolica di Trabzon, ma anzi prese a cuore anche la situazione delle donne ortodosse venute dalla Georgia, spesso vittime della prostituzione.
La morte di Andrea Santoro ha avuto grande eco sulla stampa e forte impatto emotivo. La diocesi di Roma ha iniziato l’apertura del processo di beatificazione.
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