di Andrea Guenna – I numeri ci dicono che il Covid19 è una malattia veloce ma debole. Quasi nulla per quanto riguarda i decessi, salvo complicazioni. Non si muore per Covid19 ma con Covid19, nel senso che il virus aggrava il quadro patologico precedente e favorisce il decesso. Chi ha un cancro, un’epatite, una polmonite, o è cardiopatico e si “becca” il coronavirus molto probabilmente è spacciato. Ma chi è sano no, si cura e guarisce. I numeri ci dicono che i contagi, a tutto il 13 aprile 2020, in Italia sono pari allo 0,26% della popolazione mentre i decessi sono lo 0,03%. Dati insignificanti in termini assoluti, ma l’Italia, per il Covid19, è paralizzata da due mesi. Il professor Massimo Galli ha detto che i contagi potrebbero essere dieci volte di più – e allora andremmo al 2,6% della popolazione – e, in questo caso, i decessi risulterebbero ancora più bassi rispetto ai contagi. Per l’Istituto Superiore della Sanità si calcola che, mediamente, si verifichino 8.000 decessi per influenza stagionale e le sue complicanze ogni anno in Italia, mentre i morti col coronavirus sono ad oggi più di ventimila, ma non è stato il coronavirus ad uccidere direttamente in quanto ha determinato un aggravamento delle condizioni del malato, per cui è morto. La si può girare come si vuole, ma siamo di fronte ad un enigma. Per questo fa così paura. Fa paura proprio perché è in gran parte sconosciuto e poi perché i contagi non tendono a diminuire con decisione. Le due cose sono strettamente legate fra loro poiché la diffusione avanza in quanto non si conosce ancora la cura proprio perché questo virus è un illustre sconosciuto. In meno di un mese abbiamo avuto gli stessi malati di un’intera stagione per una normale influenza. Un’ondata cui è molto faticoso far fronte anche a causa dei tagli alla Sanità degli ultimi anni (governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni).
Nel grafico accanto, realizzato dal Dipartimento Malattie Infettive – Istituto Superiore di Sanità, si nota che il picco del contagio della classica influenza stagionale si verifica sempre nella prima metà di febbraio, mentre per il Covid19 il trend resta sostanzialmente stabile nonostante siamo già a Pasqua.
In tutta questa storia c’è qualcosa che sfugge in quanto sembra proprio che si stia brancolando nel buio. Anche gli stessi “addetti ai lavori” medici, virologi, nanopatologi e altri, si contraddicono fra di loro: c’è chi dice che serve un vaccino, c’è chi dice il contrario, qualcuno all’inizio diceva che le mascherine non servivano a niente ma oggi tutti dicono il contrario. Insomma siamo nel caos, ed è per questo che non se ne esce. In percentuale sui contagi, l’Italia è il secondo paese d’Europa per decessi, dopo la Francia (come si vede nel grafico a sinistra) mentre la Germania è quella che, in proporzione, ne ha meno (2,28% sui contagi).
A cosa è dovuta la differenza di mortalità che vede da una parte i Paesi mediterranei (Italia, Spagna, Francia) con tassi oltre il 10% rispetto ai contagi, e dall’altra Germania e Svizzera con percentuale di contagi sotto il 4%?
Non voglio essere complottista per cui mi limito a scrivere che di ciò non è dato sapere.
Per fare qualche confronto, stando al database di Istat sulle cause iniziali di morte (ossia su quelle malattie che hanno condotto al decesso), nel 2017 i deceduti per influenza stagionale sono stati 663, il doppio dei 316 registrati nell’anno precedente. Nel 2015 i decessi sono stati 675 e 272 nel 2014. Tra il 2007 e il 2013 i morti per influenza sono stati rispettivamente: 411, 456, 615, 267, 510, 458 e 417. Tra il 2007 e il 2017, l’influenza è stata la causa iniziale di morte per un totale di 5.060 malati, una media di circa 500 all’anno.
A seconda delle stime dei diversi studi, bisogna aggiungere tra le 4.000 e le 10.000 morti “indirette”, dovute a complicanze polmonari o cardiovascolari, legate all’influenza.
Per l’Iss, diversi studi pubblicati utilizzano differenti metodi statistici per la stima della mortalità per influenza e per le sue complicanze. È grazie a queste metodologie che si arriva ad attribuire mediamente 8.000 decessi per influenza e le sue complicanze ogni anno in Italia. Esattamente come si fa per il Covid19 che non uccide direttamente ma per le complicanze che genera in soggetti già malati. In sostanza, ricorrendo a un’iperbole, si può affermare che una persona col Covid19 e 40 di febbre, sta molto male e va in depressione, non ne può più, per cui si butta dalla finestra sfracellandosi al suolo: quella persona muore non perché aveva la febbre ma perché s’è buttata dal settimo piano.
Ricapitolando: se contiamo i morti “diretti” per influenza, tra il 2007 e il 2017 sono stati in totale poco più di 5.000, ma se si considerano anche i decessi “indiretti” il numero sale di molto e potrebbe potenzialmente superare quota 100.000 in totale. Per il coronavirus i dati sono inferiori per morti dirette (si calcola che a tutt’oggi, siano una decina), ma superiori per morti indirette, cioè col coronavirus. Ciò dimostra senza ombra di dubbio che i medici non sono ancora in grado di approntare una terapia.
Anche il vaccino, per questo motivo, sembra inutile.
Il professor Giulio Tarro, uno dei massimi virologi del mondo, ha dichiarato che l’attesa per un vaccino contro il coronavirus potrebbe essere inutile: “Se il virus ha, come sembra, una variante cinese e una padana, sarà complicato averne uno che funziona in entrambi i casi esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto”.
Ecco il terzo aspetto del problema: oltre alla velocità di contagio e al fatto che sia ancora qualcosa di sconosciuto, il Covid19 continua a cambiare.