AI POSTI DI BLOCCO CI SI DEVE FERMARE – La sottocultura del “lumpenproletariat” napoletano non può divenire la cultura ufficiale dell’Italia anche se qualcuno sta cercando di imporla in nome di un falso buonismo di stampo chiaramente camorristico. Siamo arrivati a questi punti come conseguenza del continuare a chiedere voti alle varie mafie da parte di chi, in teoria ,dovrebbe combatterle. È un fatto molto conosciuto anche all’estero che contribuisce, più di ogni altro, ad abbassare i livelli di stima di cui ancora gode il nostro paese. Non esiste altra nazione in cui si tollerino manifestazioni di massa a favore di chi ha violato un posto di blocco. In qualsiasi paese del mondo, nessuno escluso, proprio nessuno, un posto di blocco delle forze dell’ordine è assolutamente inviolabile. Se non fosse così sarebbe una farsa, una presa in giro di chi lo sta effettuando. Questo principio vale in tutti i paesi,qualsiasi sia il regime politico che li governa, e si applica per terra, per mare ed in cielo. Persino un aereo di linea carico di passeggeri, se, affiancato da due caccia ed invitato ad atterrare, si rifiuta di farlo, viene abbattuto. Questa è legge universalmente accettata. È pure inconcepibile che in un paese civile si lasci l’immigrazione a totale discrezione della Mafia, come oggi avviene in Italia, nella totale indifferenza delle migliaia di morti che ne conseguono, la responsabilità dei quali ricade interamente su chi, per motivi infami ed inconfessabili, si rifiuta di fermarla. Come non è assolutamente vero che l’Italia abbia occupato l’Etiopia “per portare la civiltà in Africa”, come per anni ha strombazzato la propaganda ufficiale del fascismo, così non è assolutamente vero che l’Italia permetta la novella tratta degli schiavi per dare solidarietà a popoli stremati dalla guerra, specie se a fare quella stessa guerra siamo complici anche noi italiani, come avvenuto in Libia e come sta avvenendo in Siria. Tra l’altro l’attacco alla Libia è stato l’unico caso in cui uno Stato abbia organizzato una rapina coloniale a casa propria. Quanto demenziale e feroce sia stata questa autolesionistica operazione lo dicono alcuni dati: la Libia faceva arrivare dall’Italia l’84% delle sue importazioni. I suoi ufficiali erano addestrati nelle nostre accademie e le vendevamo armi di ogni genere. Potevamo cercare ed estrarre il petrolio nei suoi territori come e quando volevamo. I nostri pescatori andavano a pescare illegalmente a poche miglia dalle sue coste e le sue giuste proteste furono sempre lettera morta. Quando la Fiat stava fallendo, l’ubbidiente Gheddafi, dietro nostra richiesta, si affrettò a comprarne ad alto rischio una grande quantità di azioni. Quando in un secondo tempo cambiammo idea gli ordinammo di venderle, ubbidiente si affrettò a farlo, dal mattino alla sera. In altre parole, la Libia era una nostra colonia. Il novello traffico degli schiavi trova oggi il principale incremento nel finanziamento dato dallo Stato italiano di 1800 euro al mese per ogni profugo assistito. Si è così creata un’enorme cinica macchina che ha trasformato conventi e strutture abbandonate da anni in autentiche miniere d’oro creando dal nulla pseudo professioni come i “mediatori culturali”, reali kapò, sorti dal mattino alla sera, a gestire la tratta senza alcun controllo e nessuna preparazione (e poi quale preparazione dovrebbe avere?). L’Europa, giustamente, sino ad ora non ha voluto realmente intervenire in questo spregevole traffico, limitandosi a promesse future, poichè ne conosce benissimo la vera essenza, ma per difendersi ha solo arrestato i tassisti italiani incaricati del trasferimento dei nuovi schiavi al di là dell’italica frontiera. Anche se i nostri politici fingono di non rendersene conto si tratta di un autentico rigurgito di Medio Evo, reso possibile dal momento di confusione politica, ideologica e culturale che sta oggi attraversando l’Italia. Basta leggere i giornali stranieri per vedere come si sta ripetendo quanto già avvenuto con il metodo Stamina contro cui si levarono gli ambienti scientifici di alto livello dell’intero pianeta. Le manifestazioni contro le forze dell’ordine avvenute a Napoli hanno avuto grande spazio sui giornali di tutto il mondo, non certo con parole di elogio, facendo crescere nella Comunità Europea le già presenti preoccupazioni e la diffidenza per il semestre a guida italiana.
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