Dal Mocca di Alessandria – Praticamente un minuto dopo che il Forlì si è confermato in C, il nostro impareggiabile Menegatti, alias Bella Stella, Tintoretto, Svicolone, si è lì accasato: ci ha messo meno tempo lui a trovar posto che non Braida dopo un ventennio al Milan dove, tra l’altro, ha vinto di tutto e di più. Sarebbe uno dei classici misteri del calcio se non si tenesse conto che il succitato lavora in simbiosi mutualistica con un procuratore il cui fratello, si vocifera, sarebbe dirigente della società romagnola. Si maligna pure che avrebbe già tentato di far fuori il mister che ha appena salvato la squadra sul filo di lana per piazzare Gadda ma il giochino non gli è riuscito. Non m’importa un tubo né del Forlì né del suo neo DS ma è istruttivo notare come, in questo strano mondo della pelota, a volte non valgono né i risultati né le cose fatte per bene, ma contano invece certi intrecci e magari godere di immeritata buona stampa. E ricordare quanto dovettero brigare Zocchi e Marcellini, due stagioni orsono, per issare questo genio del mercato nel ruolo di DS grigio che risponde al nome di Menegatti bocciando Varini (Reggiana e poi Pro Vercelli) con la scusa che fosse “troppo legato a certi procuratori“ fa venire l’orticaria. I due erano convinti di usare Svicolone come un pupazzo e invece Svicolone ha fatto il puparo con l’appoggio dei dirigenti d’allora e della solita paccottiglia di stampa mandrogna. Quei dirigenti si stanno ancora leccando le ferite. In due stagioni questa piazza ha bruciato almeno sette milioni di euro e la politica del puparo costerà ancora almeno un milioncino nella stagione che verrà. Visti poi i risultati posso tranquillamente affermare che gli unici che hanno avuto vantaggi in queste ultime due stagioni rispondono al nome di Tintoretto, il giro di procuratori adriatici suoi sodali, qualche giocatore che con questa piazza c’entra come i cavoli a merenda e il Gran Capo Pen(n)a Cadente che gestiva le notizie “in esclusiva”. Un sentito ringraziamento (si fa per dire) a questa combriccola che ha assestato al calcio mandrogno un colpo che poteva rivelarsi mortale e solo l’arrivo di Di Masi ha salvato capra (in tutti i sensi) e cavoli. Se non si parte da certe analisi però lo sportivo mandrogno è indotto in confusione e tutti assieme rischiamo di non riuscire mai a dividere la realtà dalle bugie, il bene dal male, le professionalità vere da quelle finte, i miti dai mitomani e le cose che contano da quelle che contano solo per i minchioni o per le persone che hanno interessi personali grossi e piccoli. Quello che mi chiedo da anni è se certa stampa “ci è o ci fa”. Ritengo infatti quantomeno bizzarro che un cronista preferisca parlare o scrivere dei Grigi in C2 anziché narrarne le gesta in categorie più importanti e questa è l’unica risposta che mi viene in mente per spiegarmi come certa stampa faccia battaglie ed assuma posizioni assolutamente contrarie al buon senso e agli interessi autentici dell’Alessandria Calcio. Ma se per i giornalisti sportivi esiste il diritto di critica se è motivata ed argomentata (e “rinnovate il contratto a tizio o caio perché hanno il cuore grigio” non è critica né motivata né argomentata ma solo desiderio di tirare per la giacca la società…) per la dirigenza e la proprietà esiste non solo il diritto ma il dovere di stabilire budget e tracciare linee tecniche consapevoli senza dover ogni volta superare arbitrari diritti di veto che arrivano da chi non è abilitato ad insegnare niente a nessuno o, tantomeno, dare patenti a chicchessia. Che qualcosa però sia cambiato, calcisticamente parlando, in riva al Tanaro lo si intuisce da alcuni piccoli particolari. Ad esempio: le guerre di religione che certi giornalisti fanno scoppiare assieme a certi tifosi (sempre gli stessi gli uni e gli altri) ormai sono perse ancor prima di cominciare, con buona pace di quei procuratori convinti di essere “soci” con stampa e piazza locale. Altro esempio: da quando certi amici degli amici sono fuori a tutti gli effetti dalla vita della società quei giornalisti abituati a ricevere sms con news in esclusiva dal cuore della sede non ne azzeccano più una e sparano minchiate settimanali regolarmente smentite dal buon senso ancorchè dai fatti. Il Gran Capo Pena Cadente poi mi ricorda tanto quei bambini bendati che, a Carnevale, armati di bastone tentano di rompere “la pentolaccia“ di croccante piena di caramelle. Pena Cadente, attenta perché quando un mesetto fa hai rotto il croccante sulla tua zucca pennuta non sono arrivate caramelle bensì una pioggia di cioccolata di foggia e consistenza variabile. Ma poi, era davvero cioccolata, oppure…? Per maggiori informazioni rivolgersi a “Berrettoni”, ah, ah, ah!
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