Alessandria – Ieri ci ha telefonato un ormai anziano profugo di Fiume, un signore quasi novantenne residente dalle nostre parti (non dico dove perché le ancora attivissime cellule comuniste non lo vadano a trovare) che conosco bene e stimo da sempre. Questo amico italiano di Fiume mi ha detto che, nonostante il riemergere dei crimini del comunismo in tutta Europa, col nuovo corso del Pd in Italia e dei democratici altrove, i comunisti che hanno sempre inneggiato a Stalin e a Tito, si nascondono all’ombra di Boy Scout come Renzi a Roma e Muliere a Novi. Chi scrive è liberale giacobino convinto (cioè favorevole alla rivoluzione liberale con tanto di ghigliottina) quindi è contro ogni forma di socialismo (comunismo a sinistra e fascismo a destra), ideologia fallita perché crede che la massa abbia un cuore ed un cervello, e sente il dovere morale di contribuire, per quanto possibile, ad estirpare un cancro della società quale è il socialismo ed i suoi derivati di destra e di sinistra. Ecco perché pubblico quel che segue, piccolo ma sintomatico esempio della barbarie comunista che è sempre pronta ad esplodere. Si tratta d’una pagina di storia impastata di eroismo, sangue ed amor di Patria. Una storia drammatica come quella degli italiani di Fiume che preferirono la morte alla stella rossa dei comunisti jugoslavi. E ricorda un fatto agghiacciante. Uno dei tanti. Dal 3 maggio 1945, per tre giorni e tre notti, le truppe del maresciallo Tito, avide di sangue, si scatenarono, con inaudita violenza, contro coloro che, da sempre, avevano dimostrato sentimenti di italianità. A Campo di Marte, a Cosala, a Tersatto, lungo le banchine del porto, in piazza Oberdan, in viale Italia, i cadaveri s’ammucchiarono e non ebbero sepoltura. Nelle carceri cittadine e negli stanzoni della vecchia Questura, nelle scuole di piazza Cambieri, centinaia di imprigionati attendevano di conoscere la propria sorte, senza che nessuno si preoccupasse di coprire le urla degli interrogati negli uffici di Polizia, adibiti a camere di tortura. Altre centinaia di uomini e donne, d’ogni ceto e d’ogni età, svanirono semplicemente nel nulla. Per sempre. Furono i “desaparecidos”. Gli avversari da mettere subito a tacere furono individuati negli autonomisti, cioè in coloro che sognavano uno Stato libero; ai furibondi attacchi di stampa condotti dalla “Voce del Popolo” si accompagnò una dura persecuzione, che già nella notte fra il 3 e il 4 maggio portò all’uccisione di Matteo Biasich e Giuseppe Sincich, personaggi di primo piano del vecchio movimento zanelliano, già membri della Costituente fiumana del 1921. Assieme agli autonomisti, negli stessi giorni e poi ancora nei mesi a venire, trovarono la morte a Fiume anche alcuni partigiani liberali italiani esponenti del CLN ed altri membri della Resistenza liberale italiana, fra cui il noto antifascista Angelo Adam, reduce dal confino di Ventotene e dal lager nazista di Dachau. Ad essere presi di mira dalla Polizia politica jugoslava, erano in particolare gli uomini del Comitato di liberazione nazionale. Partigiani “liberal” che combattevano innanzi tutto per la libertà. i titini li temevano perché sul piano politico erano dei forti concorrenti ed avevano il favore della popolazione. Pertanto, per i titini, apparvero come l’avversario più pericoloso, anche perché chiedevano per il Cln il riconoscimento ufficiale di essere la legittima espressione della Resistenza italiana. La furia comunista titina si scatenò con ferocia nei confronti degli esponenti dell’italianità cittadina. Furono subito uccisi i due senatori di Fiume, Riccardo Gigante e Icilio Bacci, e centinaia di uomini e donne, di ogni ceto e di ogni età, morirono semplicemente per il solo fatto di essere italiani. Josip Broz (Kumrovec, Croazia 1892 – Lubiana 1980) meglio conosciuto col soprannome di Maresciallo Tito, è il responsabile principale del genocidio di milioni di persone. Eppure, oggi, viene ricordato come un patriota, come una persona da imitare. Nel 1980, ai suoi funerali, oltre alle autorità italiane, c’erano le più alte cariche dei paesi di mezzo mondo. Quest’uomo, è stato inumato con tutti gli onori possibili spettanti ad un capo di Stato ancorché si sia macchiato di crimini orrendi essendo u autentico criminale di guerra. Grazie ai suoi ordini oltre cinquecento fiumani furono impiccati, fucilati, strangolati, affogati. Altri incarcerati. Dei deportati non si seppe più nulla. Cercarono subito gli ex legionari dannunziani, gli irredentisti della prima guerra mondiale, i mutilati, gli ufficiali, i decorati e gli ex combattenti. Il 16 ottobre del 1945, Giuseppe Librio, 18 anni, per aver ammainato la bandiera jugoslava dal Municipio di Fiume fu crivellato di colpi di pistola e buttato ancora vivo nella discarica del molo Stocco. Mentre gli studenti scendevano in piazza per Trieste italiana all’inizio degli anni Cinquanta, diede la vita per i suoi legittimi ideali di libertà l’ultimo degli irredenti fiumani, Leonardo Manzi che, come moltissimi altri giovani, aveva dovuto abbandonare Fiume. Morì da profugo a Trieste il 6 novembre 1953, ucciso sul sagrato della chiesa di S. Antonio. Ecco chi sono i comunisti di ieri di oggi e di sempre.
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