AD ALESSANDRIA SALVIAMO ALMENO LE PIANTE
Chi pota le grandi foreste del Nord e le lussureggianti giungle dei Tropici? Ovviamente nessuno! E le loro piante, da alcuni milioni di anni, stanno benissimo, crescendo e riproducendosi secondo le leggi della Natura. Solo in Italia, paese dominato da una classe di potere per lo più ignorante quanto è possibile a mente umana, le piante cittadine vengono potate in maniera selvaggia. La potatura, qualsiasi cosa dicano i suoi fautori, è dannosa per la pianta. I tagli non sono altro che “ferite” e da queste, non più protette dalla corteccia, penetrano nel tronco più facilmente funghi e batteri indebolendo e talvolta distruggendo l’albero stesso. Inoltre, con la potatura, l’uomo ha creato autentiche mostruosità botaniche dando alle piante forme innaturali sia per motivi pratici che estetici. Ad esempio, la potatura degli alberi da frutto ha avuto il solo scopo pratico di aumentarne in modo abnorme la produzione impedendo la crescita dei rami in altezza per favorire la raccolta. In altre parole è avvenuto, a livello botanico, quanto capitato in passato nelle miniere in cui, con crudeltà, venivano selezionati minatori nani ed animali di dimensioni ridotte, come i pony, i quali assieme ai cani di grossa taglia venivano utilizzati per trainare i carrelli sottoterra. Se questi interventi di potatura, frutto di secolare esperienza, rispondono a motivi pratici ed economici, non è così per la potatura selvaggia ed irrazionale presente in alcune città italiane dovuta a fattori di voracità, ignoranza e sottosviluppo culturale. Le potature selvagge raggiunsero il loro massimo negli anni della guerra e del primo dopoguerra, quando era in uso “scapitozzare” le piante. Ossia privarle di tutti i loro rami lasciandone solo un tratto del tronco centrale. Lo scopo era semplice: procurarsi in qualsiasi modo legna da ardere senza abbattere la pianta, cosa, nel nord d’Italia giustamente vietata per legge. Il tutto venne a finire con il migliorare dell’economia e la disponibilità di combustibile. La potatura delle piante è tornata selvaggia in questi ultimi tempi, specie in epoca preelettorale, poichè utilizzata, assieme al demenziale moltiplicarsi delle rotonde stradali, come strumento di finanziamento dei politici (La tangente è sugli appalti). In passato, in base a questo ignobile comportamento, si cercò persino di potare il platano di Napoleone simbolo della città. Ma allora vi fu una vera e propria rivolta degli alessandrini che ne impedì la realizzazione. Esattamente come avvenne quando si cercò di lottizzare piazza della Libertà in base allo slogan demenziale “gli spazi vuoti vanno colmati”. A condurre queste due battaglie civili fummo noi con Il Piccolo, allora diretto da Paolo Zoccola, persona colta e intelligente che amava la propria città. Le piante urbane vanno difese poichè sono indispensabili, non per motivi sentimentali, ma pratici. Le piante, specie quelle frondose, costituiscono uno strumento irrinunciabile per abbattere le polveri e per il miglioramento dell’aria in quanto assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno. Inoltre riducono i rumori del traffico ed in estate fanno ombra ai passanti, mentre le aree alberate sono luogo di tempo libero e di giochi. Gli attuali nemici degli alberi, oltre a dimostrare pubblicamente la propria bovina ignoranza, non sanno che il verde pubblico è stata una grande conquista dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. Prima i giardini, alberati e non, erano unicamente riservati ai nobili e all’alto clero. Fu la cultura dell’Illuminismo a darne a tutti la disponibilità. In città civili, come Berlino, un terzo del territorio urbano è a parco ed è nella salubre atmosfera dei parchi che si fanno passare le piste ciclabili. Anziché scrivere tante sciocchezze sulle polveri sottili, per lo più prive di una reale base scientifica, sarebbe meglio si accrescesse il numero dei parchi cittadini e nei viali si sostituissero le piante venute a morire. Alessandria, all’epoca del sindaco Basile, aveva giardini ottimamente tenuti e viali citati sia per la loro bellezza che per l’efficienza della manutenzione. È assolutamente inaccettabile che per ignoranza, stupidità e voracità di chi si è alternato al potere ad Alessandria in questi ultimi decenni, si stia distruggendo anche questo nostro vanto del passato. Ricordiamo che per rifare qualsiasi edificio bastano alcuni anni. Per una bella pianta, spesso non basta un secolo.
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