Torino – Erano direttive precise quelle impartite da Stephan Schmideiny, precise indicazioni del gruppo svizzero a “non utilizzare i sacchi di iuta, bensì sacchi di plastica”, un metodo che avrebbe consentito una diminuzione della dispersione di amianto nell’ambiente. Ma i dirigenti di Eternit italiana, pur avendo strumenti e mezzi a disposizione, quelle direttive non le adottò. Ieri mattina Guido Carlo Alleva ha tenuto la sua arringa difensiva del magnate svizzero, imputato, di fronte alla corte presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore, assieme al barone belga Jean De Marchienne De Cartier, di disastro doloso dal quale dipendono migliaia di vittime. Nella sua arringa Alleva ha cercato di allontanare l’accusa, esposta dai pm Colace, Guariniello e Panelli, di aver rimosso le cautele contro infortuni sul lavoro in maniera dolosa. In sostanza non avrebbe adottato soluzioni tecniche per evitare che i lavoratori degli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli si ammalassero di asbestosi e mesotelioma. Alleva ha poi voluto sottolineare come, con semplici provvedimenti, la gestione svizzera avrebbe migliorato le condizioni ambientali dello stabilimento: i sacchi di plastica utilizzati per trasportare l’amianto, una volta utilizzati, erano tagliati e messi in un altro sacco destinato alle discariche. Il discorso, secondo l’avvocato milanese, vale “per ciascuno dei comportamenti descritti dall’accusa, come gli usi di scarti e del polverino”, di cui si è occupato dopo. Alleva ha poi continuato a recriminare sulle incongruità presenti nella requisitoria della Procura. Nel discorso dell’accusa, secondo l’avvocato, non ci sarebbe coerenza. La tesi, in sostanza, è: “Il vertice svizzero diede direttive per lavorare l’amianto adottando precauzioni. Se queste ultime non furono rispettate non è colpa sua”. E allora chi ha sbagliato? Alleva ha cercato di sottolineare le responsabilità dei dirigenti italiani Luigi Giannitrapani, amministratore delegato di Eternit dal 1975 al 1983, ed Ezio Bontempelli, dal 1977 al 1986 a capo della struttura Eternit negli stabilimenti italiani. L’arringa proseguirà ancora oggi.
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