Roma (Francesco Russo) – Il 19 giugno erano stati eletti entrambi nuovi coordinatori di Forza Italia, per riscrivere le regole del partito e siglare la pace interna di una compagine profondamente lacerata. Da una parte Mara Carfagna, apprezzata per il vigore con il quale interpreta il suo ruolo di vicepresidente della Camera, dall’altra Giovanni Toti, esponente di quella frangia che vuole un rapporto più stretto con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, senza nostalgie per il Nazareno che fu.
Il governatore ligure sembrava rientrato nei ranghi dopo essere stato dato più volte vicino all’addio e addirittura avere – si dice – accarezzato l’idea di un partito personale, magari destinato a confluire nella Lega o, più probabile, in Fratelli d’Italia, formazione sempre pronta a intercettare transfughi azzurri. E invece lo strappo era solo rimandato.
Al termine della riunione del Tavolo delle regole per il nuovo Statuto, Toti ufficializza la rottura: “Non si ha intenzione di cambiare alcunché, dunque credo che questa avventura, cominciata il 19 di giugno per provare a cambiare qualcosa, onestamente finisca qua. Buona fortuna a tutti”.
La risposta a chi gli chiede se è uscito dal partito non è troppo diretta ma non lascia spazio a troppe interpretazioni: “Mi pare che siano le condizioni per cui ognuno vada per conto suo. È Forza Italia che esce da se stessa”. Fatale la scelta di Silvio Berlusconi di escluderlo dal Coordinamento di presidenza che dovrebbe occuparsi del nuovo Statuto, di fatto rinnegando il percorso intrapreso appena un mese e mezzo prima.
Una sorta di esautorazione di fronte alla quale nemmeno Carfagna ci sta, per quanto fosse stata chiamata a far parte del nuovo coordinamento insieme ad Annamaria Bernini, Mariastella Gelmini, Sestino Giacomoni e Antonio Tajani. E infatti, poco dopo l’ufficializzazione dell’addio di Toti, se ne sfila.
“Il modo migliore per uccidere Forza Italia”
“Apprendo dalla stampa di un superamento delle decisioni assunte dal presidente Berlusconi il 19 giugno innanzi ai gruppi parlamentari di Forza Italia e dell’insediamento di un coordinamento di presidenza”, esordisce Carfagna con una premessa che suona già come una presa di distanza.
“Coordinamento del quale nessuno mi ha chiesto di far parte e di cui non intendo far parte”, prosegue, “è una scelta in direzione esattamente contraria alle intenzioni che mi ha manifestato Berlusconi. Credo che questo sia il modo migliore per uccidere Forza Italia e io non farò parte del comitato di liquidazione”.
Ad accomunare Carfagna e Toti era stata anche la perplessità di fronte all’appello di Berlusconi all’Altra Italia, sorta di contenitore moderato che dovrebbe affiancare il vecchio partito. O, chissà, sostituirlo. Più diplomatica lei: (“Sicuramente si parla di una federazione di forze civiche e del mondo dell’associazionismo, naturalmente bisogna riempire di contenuti questo discorso”), più netto lui (“Non credo in una federazione di centro equidistante dai poli di destra e di sinistra. Noi non siamo equidistanti dal Pd, noi siamo gli avversari del Pd”).
Tra le tante domande che si pongono ora, la più immediata è: quanti saranno i parlamentari ‘totiani’ che potrebbero abbandonare il gruppo verso nuove avventure? Qualcuno si è già palesato. Si tratta della deputata ligure Manuela Gagliardi. La sua dichiarazione non lascia spazio a equivoci: “Forza Italia si è avvolta da sola in una spirale di autodistruzione: Giovanni Toti rappresenta l’unica opportunità di un futuro diverso, per il partito e per il centrodestra. Con le critiche si cresce, con l’autoreferenzialità si muore”.
E ancora: “Rinchiudersi in una stanza raccontandosi una realtà parallela non è soltanto una strada sbagliata, ma la svolta verso un burrone. Tenersi stretti i signorsì è il metodo più veloce per arrivare all’estinzione: non faremo la fine dei dinosauri”.