Alessandria (a.r.) – Le attiviste del collettivo “Non Una di Meno” di Alessandria definiscono “gesto vile” quello di chi, qualche notte fa, ha imbrattato il portone dell’ex asilo Monserrato in spregio alle sue attuali occupanti. Sulla porta d’accesso all’edifico, oggi occupato abusivamente dallo stesso collettivo per dar vita alla Casa delle Donne, sono infatti comparsi un simbolo fallico e la scritta “abusivi”. Cosa che, se può senz’altro ritenersi un atto deprecabile e senza giustificazioni, è stata prontamente strumentalizzata attraverso il collegamento di simile gesto con l’azione politica della Lega e in particolare di Matteo Salvini, responsabile, secondo le ragazze di Non Una di Meno (e della cosiddetta “sinistra” contemporanea), di promuovere un presunto clima d’odio nel Paese.
Ora, sulla questione si potrebbe dissertare a lungo e forse un giorno lo faremo, ma per oggi ci limitiamo a porre un interrogativo tutt’altro che banale: innanzi al refrain del clima d’odio di cui l’Italia sarebbe preda ogni giorno di più, ci si è mai domandati se i maggiori responsabili siano davvero i sedicenti populisti o se pesi invece in modo preponderante la retorica di chi vi si oppone?
Parliamoci chiaro: fuor di ideologia, l’impressione è che i rigurgiti d’intolleranza che hanno fatto qua e là capolino negli ultimi due anni siano – così come lo stesso consenso di Salvini e compagnia – un’espressione della crisi di rigetto che l’imposizione di un nuovo ordine morale alternativo a quello su cui si è retto l’occidente per oltre duemila anni sta via via provocando in sempre più persone. In sostanza, ogni volta che l’intellighenzia della sinistra di questi tempi disgraziati (da Michela Murgia a Roberto Saviano, da Oliviero Toscani a Christian Raimo, per non parlare degli inossidabili Lerner, Augias, Gruber, e di altre decine di spocchiosissimi predicatori laici) apre bocca o cinguetta sui social, non solo Salvini prende voti, ma le probabilità che qualche deficiente faccia una sciocchezza (o peggio) aumentano, poiché alcuni dei processi trasformativi della società che si sta tentando di forzare in ogni modo non derivano da un’esigenza profonda delle masse, né collimano con le loro istanze più urgenti, ma sono percepiti come un affronto e come il tentativo di operare una rivoluzione al contrario, ovvero col popolo che la subisce invece di animarla.
Il che ha provocato un cortocircuito il cui segnale più evidente è il fatto che la sinistra, ormai ridotta ad una sorta di Partito Radicale in grande e perfino peggiore dell’originale, prenda oggi voti soprattutto nelle aree benestanti delle nostre città, mentre in periferia ci si rivolge altrove, non per convinzione ideologica, ma per banale istinto di conservazione.
Se dunque si vuole prevenire efficacemente l’instaurarsi di un vero clima d’odio nel Paese, come è giusto fare, tocca rendersi conto che per impedire al ducetto di turno di soffiare sul fuoco della rabbia sociale, quel fuoco deve essere spento il prima possibile. E per spegnerlo c’è bisogno che la sinistra riacquisti, non solo serietà e decenza, ma financo il cervello, poiché se così non sarà, ci attende ben altro che un pene disegnato con la vernice spray su un portone come è successo nei giorni scorsi all’ex asilo Monserrato.