di Piercarlo Fabbio – La lunga querelle sulla TAV Torino-Lione, frutto di accordi sottoscritti al tempo in cui Berta filava, cioè Amato e Jospin governavano rispettivamente Italia e Francia, oltre a riposizionare un po’ tutto il mondo politico sulla questione puntuale, ha riacceso il dibattito sul tema dei trasporti… di qualsivoglia specie essi siano.
La domanda che “sorge spontanea” è: Alessandria può ancora attirare ricchezza in quanto luogo privilegiato e soprattutto raggiungibile?
A guardare i treni che vanno e vengono da Milano, senza soffermarsi sullo stato delle carrozze, la prima risposta potrebbe essere negativa. Eppure io penso che il capoluogo possa ancora riprendersi e rilanciarsi dopo anni di amministrazioni refrattarie a discutere di economia e sempre più orientate a dibattere di ragioneria. Ma, si sa – al di là delle quinquennali disavventure di Rita Rossa che, secondo la Corte dei Conti, avrebbe il non invidiabile record di aver sbagliato 5 bilanci su 5 – che la ragioneria può aiutare a tenere a posto i conti, ad incolonnarli, a ordinarli con cura, ma di per se stessa non produce né reddito, né ricchezza. E la politica comunale, dal 2012 in avanti, ha preferito far di conto che elaborare nuove idee della città.
E dire che i politici, quando si sostituiscono ai ragionieri, hanno pessime prestazioni, ma soprattutto evitano di fare il loro mestiere. Quale sarebbe il loro, dunque? Quello di soddisfare al bisogno di una città, che ha necessità di essere continuamente elaborata. Dal punto di vista strategico Alessandria non può essere lasciata alla quotidianità, ma deve scovarsi un futuro prevedibile. Pensare il domani possibile della nostra città, significa innescarne lo sviluppo continuo.
Detto ciò, ritorniamo ai trasporti. Non si parte certo da zero in città su questo tema. Anzi, proprio il grande segmento dei trasporti trova disponibilità di antiche elaborazioni che proprio in questi anni avrebbero dovuto essere realizzate.
Un buon esempio è l’area logistica integrata di San Michele, che certamente è iniziativa che spetta ai privati proprietari dell’area Cascina Schiccavela, ma anche il Comune potrebbe ritagliarsi un ruolo, investendo la sua quota di semplificazione e facilitazione a favore dell’impresa.
Costituita l’area logistica, ci viene più semplice pensare alla realizzazione di inserimenti puliti delle merci in area urbana, dove oggi il commercio langue anche per la mancanza di servizi che lo rendano concorrenziale con le grandi piattaforme periferiche degli ipermercati: si pensi al parcheggio sotterraneo di Piazza Garibaldi, alla stessa sorte che potrebbe avere come parking ipogeo Piazza della Libertà (un progetto di massima già c’è, datato pre 2010), ma anche alla rideterminazione di una regia per il centro che sappia interpretare non solo la necessità di animazione sociale e di attrazione, ma anche le politiche di adeguamento degli affitti delle superfici di vendita, piuttosto che del magazzino di pronta disponibilità.
L’inserimento pulito delle merci in area urbana, di cui prima dicevo, tenderebbe a favorire il rilascio e la trasformazione edilizia di tali spazi che potrebbero essere così offerti al mercato sotto altra forma. Come non pensare ad esempio alle case a corte ristrutturate come passeggio, con vetrine e spazi di vendita.
Muovere le merci non è il solo obiettivo, perché occorre anche pensare a come muovere le persone, alleggerendo strutturalmente il traffico urbano degli autoveicoli, nonostante nell’immediato futuro si dovrebbe assistere ad un miglioramento ecologico del parco automezzi. Per far ciò non si può che pensare a far viaggiare le persone su tracce ferroviarie che già oggi sono interne alla città: portano da San Michele, alla Pista, all’Europa, al Cristo, alla Fraschetta. Progetto ambizioso, certamente, ed un po’ futuribile, dunque, cioè quello di una metropolitana leggera a raggiera del centro, ma che può essere studiato con grandi parcheggi di attestamento ai margini della città e con una mobilità urbana quasi del tutto affidata ai mezzi pubblici e alla mobilità ciclistica. In caso contrario dovremmo accontentarci di paline con schede colorate, rigorosamente sostituibili a mano, per “vietare” ingressi e non certo per favorire la mobilità personale.
Se si muovono le merci e le persone, la terza cosa che occorre trasportare sono le informazioni. Attenzione, non è solo un problema di autostrade a banda larga, che l’iniziativa privata sta stendendo proprio in queste ore, ma anche di stoccaggio digitale. Le clouds sono una bella idea di marketing, ma occorrono luoghi ove immagazzinare immense memorie fisiche per contenere, preservare, garantire sicurezza ai dati affidati alle nuvole. Pensare alla riqualificazione dei grandi spazi ex militari, con una innovata trama viaria che non soffra più le loro servitù, non è sbagliato. Lo ritengo un tema su cui elaborare proposte in favore di chi si occupa di hub remoti e ha necessità di dislocarli in luoghi diversi, non solo per problemi di funzionalità, ma anche di sicurezza.
Sfruttare dunque la posizione di Alessandria, tanto per rispondere in sintesi, è ancora d’attualità, evitare che i grandi flussi di merci e viaggiatori ci residualizzino è un must. Le vicende legate al pendolarismo con Milano o l’eventuale attrazione di merci su ferro a Novi San Bovo e non allo scalo merci alessandrino, il ruolo di Rivalta Scrivia per il traffico pesante su gomma, l’identità da attribuire ad un think tank come Slala, sono tutte questioni all’ordine del giorno, che trascurare sarebbe colpevole.
E forse sarebbe il caso di ritornare su un tema così importante, offrendo qualche altro esempio.