DOPO ANNI DI AMMINISTRAZIONI PIÙ ATTENTE ALLA POLITICA CHE AI CONTI, I NODI VENGONO AL PETTINE E LE PARTECIPATE DEL COMUNE DI ALESSANDRIA CADONO UNA DOPO L’ALTRA COME BIRILLI
di Max Corradi
Alessandria – Quella di Alessandria è una situazione molto complicata, frutto di vent’anni di gestione della cosa pubblica più attenta alla politica che alla buona amministrazione. Con la Prima Repubblica i dipendenti del Comune erano circa 600, oggi sono circa 800, questo perché, destra e sinistra, senza distinzioni, hanno governato all’italiana proprio mentre il mondo cambiava, le regole finanziarie si facevano più rigide, i margini operativi si stavano riducendo fin quasi a scomparire. La brutta abitudine dei sindaci appena eletti di assumere la classica “cinquantina” di dipendenti per rendere favori elettorali ha fatto sì che in vent’anni la pianta organica aumentasse del 40%. Ed ora siamo al redde rationem. La giunta retta dal sindaco Fabbio (2007 – 2012) poteva tuttavia contare sul professor Luciano Vandone, docente universitario in pensione, autore di molti libri di finanza pubblica e di macroeconomia, che nella gestione del Comune di Alessandria, pur avendo ereditato dalla giunta precedente una situazione fallimentare dovuta a spese assurde ed investimenti ad alto rischio, non ha aumentato il debito in conto capitale che era schizzato con Tortarolo (PD) da 80 a 155 milioni di euro. “Quando ho visto i conti – mi ha detto Vandone un giorno – ho capito che la situazione era da dissesto. Ho parlato col sindaco Fabbio che mi ha risposto di trovare la quadra perché bisognava governare”. Indubbiamente Vandone, piaccia o non piaccia, ha garantito la governabilità del Comune, pagando regolarmente le rate dei mutui e gli stipendi, ma nel 2010 il neo ragioniere capo Antonello Zaccone si dimenticava di richiedere la compensazione verticale alla Regione Piemonte e fu sforato il Patto di Stabilità. Di lì ripresero i guai per il nostro Comune che non sono ancora finiti. Con la Giunta capitanata da Rita Rossa, poi, c’è stata una paralisi amministrativa causata anche da scelte incomprensibili come quella di non opporsi al dissesto (la Corte dei Conti era ben disposta dopo la perizia Ukmar) e di annullare la gara vinta da Iren per il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti. Inoltre questa Giunta non ha provveduto a indire la gara per lo smaltimento rifiuti che avrebbe fruttato 30 milioni (oltre ai 15 conferiti da Iren), non ha proceduto all’alienazione della concessione per la gestione delle reti gas (altri 80 milioni) e si è dimenticata di incassare i crediti a ruolo di multe e tasse varie (altri 10 milioni), tutti interventi predisposti da Vandone che, se fosse stato riconfermato, avrebbe puntualmente portato a termine incassando un sacco di soldi. Ma se Vandone ha indubbiamente dei grossi meriti che derivano dalla sua enorme competenza in materia, non altrettanti meriti ha il resto della Giunta di destra che non ha provveduto a portare a termine una serie di interventi volti alla tutela dei creditori ed al contenimento della spesa. Data la situazione generale, si può tranquillamente affermare che i guai per Alessandria sono iniziati coi soldi arrivati per l’alluvione del 1994, circa 1000 miliardi di lire, di cui si calcola che 200 siano finiti nelle casse del Comune. Di lì sono iniziate le spese fuori controllo generando un volano inarrestabile che si alimentava da solo e che non si è più fermato. Per fare un esmpio banale, è successo come a quella famiglia abituata a tirare avanti con 40.000 euro di reddito annuo che ha vinto alla lotteria due milioni di euro e s’è data al lusso. Solo che, non essendo abituata a gestire grosse cifre, quella famiglia cadeva in rovina perché, dopo aver finito i soldi della lotteria, continuava col tenore di vita precedente senza poterselo più permettere. Ecco perché ora ad Alessandria siamo al capolinea, con esuberi dappertutto e con le partecipate, da Amiu, ad Aspal, ad Atm, alla canna del gas. All’orizzonte immediato il maxi sciopero di tutte le partecipate in programma per venerdì prossimo. Così, dopo i volantini a lutto lanciati dalla piccionaia del Consiglio comunale, ieri è stata la volta del funerale di Amiu con tanto di bara, crisantemi ed epitaffio: “Ancora nel pieno delle sue potenzialità, già ridotta sul lastrico dalla precedente amministrazione, è stata ora brutalmente assassinata dalla giunta del sindaco Rossa”. Bara in spalla, i dipendenti Amiu (una cinquantina) hanno sfilato dai giardini della stazione lungo corso Roma fin sotto i portici di Palazzo Rosso, dove si sono messi simbolicamente a pregare in ginocchio. Bis oggi pomeriggio alle 16 davanti al bar Marini per un altro corteo. In questa situazione i creditori hanno alzato le antenne, come la Contenur, ditta spagnola fornitrice dei cassonetti, che, dopo il decreto ingiuntivo, ha pignorato la sede di viale Teresa Michel ed un paio di mezzi a garanzia di un credito di circa due milioni. Anche Aspal è in agonia. La multiservizi che si occupa di teatro, ma anche dei servizi tributi, informatici, giovani, cultura, musei, eventi, progetti e ludoteca, 76 dipendenti a rischio liquidazione, spera in un’improbabile ricapitalizzazione di oltre 700.000 euro che non può venire dal Comune in dissesto. Se l’incontro previsto lunedì in prefettura alle 11,30 non sortirà effetti, l’assemblea dei soci prevista per il pomeriggio dovrà mettere in liquidazione l’azienda.
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