Quando la droga era un paio di caffè. Me lo ricordava il povero Bruno Agosti, giocatore simbolo della Novese, Aiutante di Robbiano e di Bonafin, il mitico allenatore della Novese, scomparso qualche anno fa a Venezia. “Insomma in quella finale per non retrocedere fra Libarna e Albese, qualcosa non aveva funzionato e i giocatori langaroli avevano bevuto troppi caffè, insomma era successo quello che non doveva succedere e molti di loro non hanno potuto scendere in campo”. Sembra la favola di Cappuccetto Rosso se si confronta con il paesaggio della droga del giorno d’oggi con ciclisti come Armstrong e Cipollini, quest’ultimo ancora in giudicato, protagonisti di ben altre procedure chimiche. E allora viene in mente la scuola di Biagio Cavanna, il massaggiatore cieco di Coppi, che aveva prima come corridore, poi come apprendista stregone Luciano Parodi, che ha avuto molti corridori alle sue dipendenze come direttore sportivo fra cui Charly Gaul e aveva fatto tesoro delle confidenze di Biagio e di Coppi. “Fausto ha inventato il ciclismo Moderno – dice Parodi – in cui la preparazione era condizione necessaria per fare bene il proprio duro mestiere, ma al massimo Coppi poteva prendere due pastiglie di simpamina e nulla più. Ma mi sa dire lei se un corridore mediocre che assuma farmaci proibiti possa diventare un campione? Io penso proprio di no, e doparsi come fanno al giorno d’oggi, le ripeto, è un reato contro lo sport. Ai miei tempi non esistevano ancora sostanze così sofisticate e il ciclismo era solo un fatto agonistico e non chimico”.
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