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di Giulietto Chiesa
Continua il lavoro di ricerca della verità sull’11 settembre 2001. Il panel di Consensus 911 (consensus911.org) ha individuato, con grande precisione e importanti dettagli, che tutte le (pochissime) immagini dei presunti 19 dirottatori dei quattro voli American Airlines e United Airlines sono state manomesse, o falsificate.
In sintesi (chi vuole esaminare la documentazione può farlo visitando il sito che la contiene) non esiste una sola immagine attendibile di nessuno degli imbarchi dei presunti terroristi islamici che furono effettuati quella mattina nei diversi aeroporti di partenza.
In realtà le cosiddette “prove” degli imbarchi sono concentrate soltanto in due video. Il primo, che mostrava l’imbarco di Mohammed Atta e di Abdul al-Omari all’aeroporto di Portland. Il secondo contiene immagini che “mostrerebbero” l’imbarco di 5 dirottatori islamici all’aeroporto Dulles International di Washington (quello AA77, che si sarebbe poi schiantato contro il Pentagono). Il condizionale e il virgolettato sono d’obbligo, come vedremo tra poco. E, comunque, qui finisce la documentazione ufficiale. Degli altri 12 presunti dirottatori non sono mai state fornite immagini.
Ora il panel internazionale di esperti (del quale mi onoro di fare parte) ha concluso che anche quelle pochissime immagini sono false. Per altro esse risultano manipolate (da chi?) in diversi modi e in diversi punti.
Questo vale per Atta e Abdul al-Omari, che vengono ritratti in sette (7!) fotogrammi che (nella versione del processo a Zakharias Moussaoui) contengono date sbagliate e orari non corrispondenti alla versione ufficiale. Oltre alle incredibili contraddizioni delle diverse versioni, fornite da CIA, FBI, 9/11 Commission Report. Una riguardante le storie dei due bagagli non imbarcati (inspiegabilmente), ritrovati all’aeroporto Logan di Boston e contenenti importanti documenti che certificavano l’esistenza del progetto di dirottamento, oltre che una specie di confessione di Atta. E la storia delle due auto, una Mitsubishi, abbandonata da Atta nel parcheggio di Boston, e una Nissan, abbandonata nel Jetport di Portland.
In particolare risulta del tutto ridicola la scoperta della confessione di Atta in un bagaglio che avrebbe dovuto essere imbarcato sull’aereo destinato a schiantarsi contro la torre nord del World Trade Center. Mohammed Atta doveva proprio essere ubriaco per scrivere la confessione e poi portarsela con sé nella tomba. Se non fosse stato che “qualcuno”, provvidenzialmente, non imbarcò proprio quella valigia, in modo tale che l’Fbi potesse ritrovarla. Il fatto è che tutta intera la storia del viaggio a Portland di Atta non sta in piedi comunque la si voglia utilizzare. Ve l’immaginate uno che ha organizzato il più grande atto terroristico della storia, che se ne va a Portland, rischiando seriamente di arrivare in ritardo all’appuntamento con il volo fatale in partenza da Boston? Sarebbero bastati quindici minuti di ritardo e l’11 settembre non sarebbe proprio esistito. Chi ci crede? Gli sceneggiatori dell’11/9 devono avere fatto un pò di confusione.
Questo vale, ancora più clamorosamente, per il video dei 5 (cinque) dirottatori del volo AA77 (quello su cui sarebbe stata imbarcata anche la signora Barbara Olson, che, secondo la vulgata ufficiale fece una telefonata al marito in cui gli fece la telecronaca della sua imminente fine in una telefonata che durò zero secondi). Quel video fu reso noto solo nel 2004. La Commissione non lo conosceva. Nemmeno l’Fbi lo conosceva. Fu l’Associated Press a tirarlo fuori dal cappello a cilindro, il giorno prima della pubblicazione del rapporto, dopo averlo ricevuto da un ufficio legale che rappresentava alcune delle famiglie delle vittime. L’autenticità di questo video (unico, sebbene quell’aeroporto fosse dotato di 300 videocamere) è oltremodo dubbia per molti motivi, che chi vuole potrà andare a leggersi (Point Video-2: Was the Airport Video of the Alleged AA 77 Hijackers Authentic?Official 9/11 Videotaped Evidence).
Ma uno di essi è clamoroso. Le telecamere di sorveglianza riprendono , per economizzare spazio, immagini distanziate di un secondo una dall’altra. Il video, nella parte che mostra i due terroristi al-Midhar e Moqed, è stato girato a una velocità molto superiore, pari a quella di un normale videoregistratore, cioè a 30 fotogrammi al secondo. Il che indica in tutta evidenza che esso è stato inserito dopo, cioè non viene dalla videocamera dell’aeroporto Dulles. Per giunta, a differenza di ogni video prodotto a fini di sorveglianza, questo non contiene né la data, né l’ora, né l’indicazione del luogo sotto osservazione. Insomma non certifica niente. Quel video può essere stato girato in un qualunque momento in un qualunque aeroporto americano.
E ci fermiamo qui. Chi vuole approfondire lo studio può farlo. Esistono sul sito indicato anche la traduzione in francese e spagnolo. Tra non molto aggiungeremo anche italiano, tedesco e olandese.
La ricerca continua. Recentemente è uscito uno splendido articolo di Paul Craig Roberts, in occasione dell’anniversario dell’11 settembre, che ricostruisce la sua personale, immediata percezione del significato di ciò che accadde in quel giorno. Craig Roberts ricorda ciò che lo inquietò in quei primi minuti, dopo l’attentato. “Come ex membro dell’apparato del Congresso e come funzionario di nomina presidenziale per alti compiti, io avevo accesso a segreti di primaria importanza in termini di sicurezza. Ai miei compiti di assistente al segretario al tesoro degli Stati Uniti si aggiungevano responsabilità nella Fema (Federal Emergency Management Agency, ndr) in caso di attacco nucleare. C’era una montagna dove nascondersi alla quale si supponeva che io avrei dovuto fare rapporto nel caso di un attacco nucleare e in cui io sarei stato incaricato di assumere il governo degli Stati Uniti nel caso che nessun più alto dirigente fosse sopravvissuto all’attacco. E più la faccenda dell’11/9 era raccontata dai media, più diventava inverosimile. Non è credibile che non solo la CIA e l’FBI abbiano fallito nel compito di individuare il complotto, ma anche tutte le altre 16 agenzie di intelligence, ivi inclusa la National security Agency, che spia chiunque sul pianeta, e la Defense Intelligence Agency, il Mossad israeliano, e le agenzie d’intelligence degli alleati di Washington nella Nato. Semplicemente ci sono troppi osservatori e troppi infiltrati nei gruppi terroristici per poter accettare che un attacco di tale complessità si sia potuto realizzare senza essere scoperto e sia stato possibile portarlo a compimento senza essere impedito”.
Come si capisce, non siamo di fronte alla riflessione dell’ultimo impiegato del Dipartimento di Stato. Lui capì subito. Molti di noi, privi della sua esperienza e conoscenza, capirono un po’ dopo. Molti altri stanno capendo.
Molti altri ancora capiranno. Anche se temo che sarà tardi.
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