Castelnuovo Bormida (Anna Briano) – Non si ferma la strage di cani uccisi da ignoti (si fa per dire) nei terreni di due aziende agricole della zona. L’ultimo è stato trovato qualche giorno fa morto per avvelenamento. Sarebbero una ventina gli animali uccisi nell’arco di tre anni, per avvelenamento o addirittura fucilati. A denunciare il fatto è il signor Giorgio Novelli, titolare dell’azienda agricola La Giardiniera al quale hanno ammazzato dodici cani, che ci ha detto: “L’ultimo cane che mi hanno ammazzato è morto a settembre. Gli hanno sparato ma lui è riuscito a raggiungere la cascina per morire appena dopo avermi salutato scodinzolando. Quando mi ha visto mi ha fatto le feste come sempre e poi si è accasciato a terra ed è morto nel piazzale danvanti a casa”. Vicino all’azienda di Novelli lavorano due riserve di caccia, frequentate da molti cacciatori e si sospetta che possano essere alcuni di loro a perpetrare questo massacro. Novelli ha deciso di denunciare tutto ai carabinieri: “Non è possibile – ci ha detto al telefono – che ogni estate mi fucilino almeno tre cani. I responsabili devono pagare e questa triste consuetudine deve finire una volta per tutte”. Purtroppo però il fenomeno delle stragi di cani non tende a fermarsi: secondo Aidaa, l’associazione italiana difesa animali e ambiente, ogni anno in Italia sono uccisi più di centomila animali da compagnia, principalmente cani e gatti. Stando alle molte denunce giunte alle forze dell’ordine si capisce che siamo di fronte ad una vera e propria mattanza senza nessuna motivazione. Ma la cosa preoccupa ancor di più in quanto sarebbero gli stessi cacciatori a uccidere questi amici dell’uomo. Sempre secondo Aidaa, ogni anno in Italia sono oltre 2000 cani di proprietà a morire in incidenti di caccia, oltre 8.000 per i bocconi avvelenati e circa 4.300 seviziati.
I miserabili responsabili di questo schifo dovrebbero rispondere, oltre agli altri reati previsti dalla legge in questi casi, anche di abbandono di animale morto. Infatti è obbligatorio provvedere alla sistemazione definitiva del corpo, vietandone l’abbandono, lo scarico o l’eliminazione incontrollata. In Italia, questa violazione è punita ai sensi del D.Lgs. n. 36/2005 art. 4, che prevede una sanzione amministrativa che può arrivare fino a 28.000 euro.