Quando il nostro paese era un paese civile, all’avanguardia in molti campi, coi bilanci a posto al punto che il governatore della Banca d’Italia Donato Menichella nel 1960 ricevette dal Financial Times il cosiddetto “Oscar” per la stabilità della lira e per aver favorito un boom economico senza inflazione (ma allora, a differenza di oggi, la classe dirigente aveva studiato), a scuola c’era l’ora di Educazione Civica per imparare a comportarsi in ogni circostanza, nel rispetto del principio che vede finire la libertà di ciascuno dove inizia quella degli altri. Non si imbrattavano i muri per le strade, non si demolivano i treni con atti vandalici sotto gli occhi di tutti, si attraversava la strada solo sulle strisce cercando di farlo in fretta. Oggi, invece del maestro o del professore di storia, ad insegnare Educazione Civica nelle scuole va la Polizia di Stato e tutto farebbe pensare che così gli studenti possano essere educati nel modo migliore avendo come docenti i più esperti in materia. Tuttavia gli effetti non si vedono perché andando in giro si nota solo maleducazione, prepotenza, vandalismo, ignoranza. E si rimpiangono i tempi in cui alle elementari c’era solo un maestro, bravissimo, che insegnava tutto benissimo, e conosceva alla perfezione i suoi alunni che correggeva e educava anche ricorrendo, quando necessario, a qualche sano scappellotto senza correre il rischio che il moccioso chiamasse il telefono azzurro per denunciarlo. Tempi in cui si studiava, c’era il latino, si imparava la differenza fra l’apostrofo e l’accento, si sapeva scrivere ciliegie con la “i” al plurale per la regola del “cià e del già” (e non come ha fatto Oriana Fallaci scrivendo il titolo del suo romanzo postumo “Un cappello pieno di ciliege”), si sapevano scrivere i plurali corretti dei sostantivi a seconda che avessero l’accento sull’ultima o sulla penultima sillaba. Quelle norme elementari di grammatica e di morfologia erano indice di disciplina, di rigore e di rispetto che era inculcato nelle menti fin dalla tenera età per continuare tutta la vita. La gente, insomma, era educata. Oggi che è entrata la Polizia in aula le scuole assomigliano sempre più a delle carceri dove una sparuta minoranza di studenti prepotenti e ignoranti detta legge sugli altri che sono intimoriti ed assolutamente dimenticati da una classe insegnante che, a parte qualche encomiabile eccezione, invece di imporsi subisce. Povera Italia, dopo 150 anni non si vedono grandi passi avanti e temo che avesse ragione D’Azeglio perché gli italiani, forse, non ci saranno mai.
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