Premessa di Andrea Guenna
Alessandria – Parlando con un amico, che sbaglia e che spero si corregga appena si renda conto dell’errore, mi sono sentito dire che il comunismo ha affrancato milioni di persone dalla schiavitù dello sfruttamento e del mercato. Io, da liberale , gli ho fatto notare che il comunismo ha fallito al punto che la Cina, da sempre osannata nazione comunista, è oggi in effetti uno stato nazionalsocialista (nazista) dove si è fuso perfettamente il popolismo di massa (potere politico), al capitale (potere economico), esattamente come nella Germania del Terzo Reich di Hitler. Naturalmente il mio amico comunista – come molti comunisti – quando si è reso conto di essere stato messo all’angolo, per difendere le sue idee bislacche ha iniziato a mentire e si è arrabbiato, come fanno i bambini viziati, credendo, così facendo, di confondere le carte, ma finendo ineluttabilmente per rendersi ridicolo e perdente come l’ideologia per la quale si è battuto per tutta la vita. E allora, da liberale cui fa schifo tanto quanto a lui questo mondo illiberale, propongo il pensiero dell’architetto cinese Ai Weiwei che, da comunista che era, ha infine scoperto la bellezza e la netta superiorità del pensiero liberale. Ecco l’articolo comparso stamane su La Stampa che cita questo cinese illuminato.
Da La Stampa – di Gio.Sta.
Umanità, humour, rispetto dell’individuo, sicurezza in se stessi e nel proprio destino. Così appare la Gran Bretagna celebrata nell’apertura dei Giochi al dissidente cinese Ai Weiwei. L’artista che ha creato lo stadio «a nido d’uccello», vanto delle Olimpiadi di Pechino del 2008, e poi è stato imprigionato per 81 giorni e accusato di «evasione fiscale» a causa delle sue critiche nei confronti del governo cinese.
In un commento pubblicato sul «Guardian» Ai Weiwei paragona le due cerimonie: quella tenuta nel suo «nido d’uccello» quattro anni fa, grandiosa, tesa a glorificare il momento, a stupire il mondo. Senza curarsi del benessere e dei bisogni di chi quei giochi li ospitava, il popolo cinese. E quella di venerdì, «che si è trasformata in una vera festa».
«Non ho mai visto – nota il dissidente – una tale densità di informazioni sugli eventi, la storia, i racconti popolari, la musica, i film». E una nazione «che non ha favole e film è una tragedia».
Anche nella cerimonia di Pechino si ripercorreva la storia cinese. Ma con un proposito completamente diverso, glorificare il Partito. A Londra, invece, la storia si concentrava sugli «individui, con la loro umanità, i loro sentimenti: passioni, speranze, la loro lotta».
Il racconto di una società civile, non «del nazionalismo del Partito». Sottolineato anche dalla regia, nota l’artista: tanti primi piani invece dei campi lunghi per mostrare tutta la potenza delle formazioni che sfilavano nello stadio, come a Pechino. E i dettagli personali, il tocco umano, hanno fatto la differenza: fra una nazione «che ispira fiducia», perché i suoi valori sono espressi dai volti delle persone, e una che non si fida neanche dei propri cittadini.
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