Ci risiamo un’altra volta con l’incompiuta bonifica della raffineria Ecolibarna di Serravalle i cui interminabili lavori, già costati decine di miliardi di vecchie lire, durano ininterrottamente da 40 anni. Si è così battuto con certezza ogni record mondiale di settore, facendo schiattare di invidia i più dissennati e prodighi dissipatori del pubblico denaro del Sud Italia. Ennesima prova, di cui peraltro non c’era alcun bisogno, che i mafiosi sono solo ragazzotti un po’ ingenui e pasticcioni in confronto ai mandrogni incrociati con i genovesi. In merito è d’obbligo notare come Penelope fosse una stakanovista del tessile, nota per l’ammirevole efficienza produttiva se paragonata agli incaricati dei lavori che, da sempre se ne occupano evidentemente passandosi il vitalizio di padre in figlio, con ammirevole esempio di italica dinastia imprenditoriale. Come lezione per i posteri vale la pena ripercorrere l’iter di questa nobile epopea. La storia inizia quando un’arcaica raffineria, specializzata nel recupero di oli esausti, viene dismessa e trasformata, illegalmente, in discarica di rifiuti industriali. Ciò che faceva era il segreto di Pulcinella. Lo sapevano tutti, compresi i neonati meno chi, per legge, avrebbe dovuto impedirlo nonché le forze dell’ordine, evidentemente in altre faccende affacendate e pertanto non in grado di vedere un traffico di autocarri degno degli intasamenti della tangenziale di Milano. E così i grandi serbatoi dell’Ecolibarna si riempirono delle cosiddette melme acide di raffineria. Una micidiale miscela di acido solforico, paraffina e residui vari di lavorazione del petrolio greggio. Seppelliti qua e là nel recinto dell’azienda vi erano pure tonnellate di zolfo che veniva dalla desolforazione dei combustibili come benzina e gasolio. Ammucchiati negli spiazzi interni vi erano pure montagne di scatole di medicinali scaduti o malconfezionati nonché quantitativi enormi di costosissimi cosmetici, anch’essi malconfezionati che, alle analisi, risultavano essere solo grassi animali di vario genere emulsionati con acqua ed addizionati con sostanze antibiotiche per non farli irrancidire. Il problema era dato dallo smaltimento delle melme acide che bisognava trattare e neutralizzare. E così si iniziò a fare con razionali criteri scientifici. Ma a questo punto avvenne un vero e proprio miracolo contro cui non si prese alcun provvedimento poiché in Italia nessuno si permette di mettere in dubbio gli eventi miracolosi. I serbatoi svuotati di giorno, di notte si riempivano misteriosamente facendo sembrare un banale giochetto l’evangelica moltiplicazione dei pani e dei pesci. Che si trattasse di qualcosa di soprannaturale, al di là delle umane capacità, non c’è dubbio alcuno poiché non si riuscì mai a trovare la raffineria da cui provenivano le melme acide insieme allo zolfo, ne si videro mai, in alcuna occasione, i tir che li trasportavano. Siamo perfettamente convinti che scoprire i responsabili fosse assai difficile. Infatti, come è noto a tutti, in valle Scrivia le raffinerie si contano a migliaia e tutti, pensionati compresi, ne posseggono almeno un paio e non c’è solo quella di Garrone con partecipazioni del Vaticano. Nella nostra risibile ingenuità, continuiamo a credere che sarebbe stato possibile trovare il responsabile semplicemente analizzando le melme acide e rifacendo le stesse analisi nelle raffinerie sospette fino a trovare il petrolio da cui erano ricavate. Un po’ come si fa cercando il colpevole esaminando le impronte digitali. E poiché, oltre che ingenui, siamo anche un po’ sciocchi, continuiamo a pensare che i costi delle bonifiche vadano fatti pagare ai responsabili e non caricati sui bilanci pubblici. Ma quando diciamo queste cose, siamo giustamente accusati di essere dei sovversivi di estrema sinistra. Infatti, come sanno tutte le persone istruite e moderate, il codice civile italiano e quello penale sono stati scritti da Carlo Marx e Giuseppe Stalin.
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