Chi ha dato fuoco all’enorme e spropositato deposito di balle di plastica e carta della discarica di Castelceriolo la cui ingiustificata superficie corrisponde a quella richiesta dalla produzione di immondizie di un territorio di alcuni milioni di abitanti? Carta e plastica non prendono fuoco per autocombustione né si trovano in prossimità di attività in grado di innescare incendi. Intorno alle immondizie oggi gravitano ben tre consigli di amministrazione con tanto di presidenti ultrapagati ed annessi consiglieri la cui unica funzione è dare remunerazione al sottobosco politico locale. Quando la gestione dell’alessandrino era ancora fatta in modo ragionevole pochi addetti si occupavano dell’intero problema delle immondizie. Sul tutto vigilava una commissione scientifica formata dal preside della facoltà di geologia di Genova, dal docente di chimica industriale dell’Università di Pavia, da un medico e da chi scrive queste note. Per la cronaca, eravamo pagati pochissimo, un modestissimo gettone, ma andava bene così poiché si era coscienti di svolgere un’azione civile a favore della collettività. Troviamo pure assurdo che ancora ci si chieda se siano tossici o meno i fumi prodotti dalla combustione della plastica. In merito si sa tutto da sempre. Bruciare plastiche all’aperto vuol dire emettere vari tipi di diossine, policloro bifenile e trifenile, benzofurani ed altri prodotti similari, tutti assai poco degradabili nel tempo e con sicuro ed accertato effetto mutageno e teratrogeno. Ossia causano tumori di vario genere e deformazioni nel feto facendo nascere mostri. Per di più sono prodotti che si accumulano nel tempo nei grassi del corpo ed in particolare nelle donne la cui massa grassa è maggiore di quella dell’uomo e di qui passano nei neonati tramite il latte materno. In molte zone d’Italia altamente inquinate il latte materno presentava un tale livello di contaminazione da non riuscire a rientrare nei limiti di accettabilità stabiliti per il latte di mucca. Ci si stava proprio preoccupando di queste cose quando chi se ne occupava fu cacciato e si inventò un novello ambientalismo per citrulli che si interessava di cose inesistenti, come l’inquinamento luminoso o la forma dello sky line, dando nel contempo enorme importanza alle polveri sottili gran parte delle quali, quando non piove, è formata da polveri di origine agricola e talvolta provenienti da migliaia di chilometri di distanza, come quelle dovute alla ricaduta delle sabbie del deserto. La carenza di una base scientifica, oltre che di buonsenso, nella gestione della discarica ci è stata dimostrata ulteriormente dall’aver visto alcuni addetti allo spegnimento aggirarsi in mezzo a fumi densissimi privi di alcuna protezione o ancor peggio muniti delle solite mascherine bianche che tanto piacciono ai più incolti degli ecologisti. Sia detto una volta per tutte, quelle mascherine non servono assolutamente a nulla se non a trattenere particelle grossolane tipo sabbia fine. Sono state inventate in passato per tranquillizzare e rassicurare chi le usava facendo fare agli operai lavori in ambienti ostili che non avrebbero mai fatto se avessero saputo quali reali rischi correvano. Esattamente come si faceva bere dell’inutile latte a chi lavorava tra i vapori di mercurio. Poiché anche i giornali contribuiscono a pubblicizzare come valida questa inesistente protezione sarebbe opportuno che i sindacati intervenissero per evitare di partecipare un domani ai funerali.
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