Nel servizio pubblico ci sono maggiori costi ed una cronica lentezza. Bloccata di fatto la lista d’attesa di 1357 persone (di cui 1000 circa solo nella nostra provincia) per il ricovero nelle strutture geriatriche. Alessandria la più colpita in Piemonte dal fenomeno.
Alessandria – ASL, UVG, RSA, e chi più ne ha più ne metta. Ormai ci si esprime così, per acronimi che, il più delle volte, invece di semplificarla, la vita la complicano. Anche la sanità a tutti i livelli è dominata dagli acronimi, mentre il medico non è più un diagnostico che individua la malattia ed azzecca la diagnosi, ma un burocrate che ti spedisce a fare gli esami e, il più delle volte, non ti risolve il problema. Medici come impiegati, infermieri come medici ignoranti che credono di saperla lunga e fanno solo confusione, il tutto infarcito dalla politica che, come sempre complica le cose fino alla totale incomprensibilità oltre a fare lievitare a livelli ormai intollerabili i costi. Fra i tanti problemi che questa politicizzata sanità deve risolvere c’è quello del ricovero degli anziani da accudire. Ed eccoci agli acronimi: l’Asl, cioè l’Azienda Sanitaria Locale, cioè quella che ha soppiantato il caro, pulito, luminoso ospedale, con le efficientissime suore a dirigere le operazioni e i medici che sapevano fare i medici ed erano degli ottimi diagnostici, in Piemonte “congela” la lista di 1357 in attesa (di cui 1000 circa solo nella nostra provincia) per cui chi, in famiglia, ha un malato non autosufficiente (per lo più un anziano, magari affetto da Alzheimer) si sta spostando sulle Uvg, altro acronimo che sta per Unità Valutative Geriatriche. Un comitato giudicante se uno sta bene o sta male, se deve essere ricoverato o meno, alla luce del fatto che ormai, nella maggior parte dei casi, i nuovi medici (troppi e troppe volte ignoranti) sono incapaci di diagnosticare perfino una dermatite. Per questo motivo sono nate certe pestifere commissioni di medici esperti (quelli che ti mandano spesso all’altro mondo: multitudo medicorum mors certa), come le L’Unità Valutativa Geriatrica (UVG) appunto, che dipendono dall’ASL, che costano certamente più del medico singolo e capace di una volta. E sarebbe proprio la lentezza con la quale le varie Asl convocano le Unità di valutazione geriatrica, preposte ad attribuire un punteggio ai casi di anziani non autosufficienti considerando sia le condizioni fisiche sia quelle socio economiche, e stilando poi la graduatoria, la causa dei ritardi. Di lì la lunga lista d’attesa (Alessandria 467, Tortona 248, Novi 233, Casale 196, Acqui 194, Ovada 19). Qui vale la regola dell’assegno mensile che va da 200 a 1500 euro per chi deve ricorrere a badanti o delegare un familiare all’assistenza. Ma anche in questo caso subentra l’Unità di valutazione che decide la gravità della malattia. Le famiglie con questi problemi sarebbero circa 30 mila in regione, la maggior parte nell’Alessandrino, provincia notoriamente vecchia, dove peraltro le rette sanitarie congelate dall’Asl (che le paga) sono più basse che nel resto della regione (fino a 77 euro contro i 96 di Torinese o Biellese). Per risolvere il problema, o per metterci una pezza, secondo qualcuno che di queste cose si intende, esisterebbe uno stratagemma, e cioè quello di rivolgersi al Pronto Soccorso chiedendo un ricovero. A quel punto scatta una nuova valutazione da parte di medici dell’ospedale che potrebbero obbligare l’Asl, indipendentemente dai congelamenti, a inserire il ricoverato in una Rsa. Ancora una volta sembra preferibile il servizio privato. Le rette sono uguali ma la qualità in molti casi è superiore. La differenza tra pubblico e privato è ancora una volta quella secondo la quale i presidi pubblici scaricano i costi sui bilanci comunali, vedi Ospedalino di Valenza e Basile, alterando di fatto il mercato e le sue regole. In particolare la stessa Asl di Acqui Terme (AL) ha concesso a terzi la gestione (sponsorizzata dai soliti) a prezzi tali da essere contro la legge, turbando il mercato, e costringendo Anaste (Associazione Nazionale Strutture della Mezza Età) Piemonte a ricorrere al TAR. Il ricorso appare giusto perché tendente a far sì che l’Asl garantisca il rispetto della legge e impedisca a chi non ha investito milioni di euro per ristrutturare e modernizzare i presidi di fare concorrenza sleale. Quindi è necessario che le convenzioni siano date ai presidi migliori ed agli utenti bisognosi senza fare mercato, mentre la Regione deve pagare le fattura a 90 giorni, come impone la legge, e non a un anno. Ma sopratutto bisogna evitare il ricovero improprio in ospedale che costa 600 euro al giorno, e favorire il ricovero in Residenza Sanitaria Assistita, che costa al massimo 120 euro, dove c’è la continuità assistenziale che garantisce ai dimessi 60 giorni in Rsa.
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