Roma – Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy preme sull’acceleratore per chiudere entro pochi mesi la trattativa per la vendita degli asset di Acciaierie d’Italia (ex Ilva). Le manifestazioni d’interesse delle aziende interessate all’acquisizione del siderurgico – attualmente in amministrazione straordinaria – arriveranno entro il 20 settembre, le offerte vincolanti entro novembre. Per i commissari straordinari la differenza la faranno il piano industriale e ambientale, l’affidabilità del gruppo proponente, la decarbonizzazione, il numero di dipendenti e l’impegno nel mantenerli. Infine le compensazioni verso le comunità locali. Al momento, c’è l’interesse di due gruppi italiani (Arvedi e Marcegaglia) e quattro internazionali (Metinvest, Stelco, Steel Mont e Vulcan Green Steel). Nel frattempo, le aziende dell’indotto attendono il riconoscimento dei crediti vantati nei confronti del siderurgico: 120 milioni di cui si farà carico un intermediario all’80%, mentre l’ex Ilva lo rimborserà con una rateazione. Tutto questo per scongiurare il fallimento delle imprese, già duramente colpite. Il mese scorso la firma dell’accordo per la cassa integrazione: oggi, con un solo altoforno in marcia, prevede un numero massimo di partenza di 4.050 unità, di cui 3.500 a Taranto. Poi 270 a Genova e 175 a Novi. L’intesa accompagnerà il piano di rilancio. Niente esuberi strutturali né cigs a zero ore. La durata dell’ammortizzatore è di 12 mesi (a partire da marzo scorso), rinnovabile per un altro anno. A fine ottobre è previsto il riavvio dell’altoforno 1: in base alla risalita produttiva, il numero degli operai in cassa integrazione diminuirà, fino ad azzerarsi. Tutto questo entro marzo 2026, quando è annunciata la piena operatività degli altiforni 1, 2 e 4. Al momento il 4 è l’unico a funzionare: dopo il passo ridotto nei mesi scorsi, da settimane registra una capacità produttiva che supera le 5400 tonnellate al giorno. Da un lato le manutenzioni, dall’altro la sostituzione dei crogioli dell’altoforno e l’acquisto di altri ricambi. Ora, secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la possibilità di chiusura sarebbe scongiurata perché la sentenza della Corte di Giustizia Ue si basa su dati ormai superati. In qualsiasi caso, il governo Meloni è pronto ad affrontare questo rischio.