Novi Ligure (Andrea Guenna) – Mezzo secolo fa facevano la coda per entrare all’Ilva (poi Italsider), come per entrare alla Pernigotti, alla Carlevaro e Cattaneo, alla Zavaglia, alla Dellepiane o alla Bioindustria, e in altre aziende grandi o piccole di Novi, una città laboriosa, mentre oggi chi ha voglia di lavorare da Novi scappa. E proprio in quegli anni, quando ero un giovane cronista de La Notte, ho scritto un articolo sull’Italsider (oggi Acciaierie d’Italia) frutto d’una chiacchierata con un lavoratore che prima faceva il camionista ma che, appena chiusa la sua piccola azienda di trasporti, credo tramite i sindacati fu assunto all’Italsider come magazziniere. Ma già appena entrato non ne poteva più e doveva liberarsi la coscienza, per cui mi raccontò che in un giorno rimise a posto il magazzino, per cui, finalmente, chi cercava la “punta del 12” per acciaio ci metteva poco a trovarla. Sembrava la benedizione del Padreterno: quello che si cercava in tre giorni si trovava, al massino, in cinque minuti. Ma un suo collega – il solito trinariciuto fancazzista, cerchiobottista, nonché contaballe cronico – si avvicinò al mio amico e gli disse più o meno così: “Gianni (nome di fantasia, ndr), ricordati che qui da noi, quello che puoi fare in un giorno, devi farlo in una settimana”. Con questo andazzo – eravamo negli anni settanta e comandavano già da tempo quelli che hanno rovinato l’Italia – è stata demolita l’azienda siderurgica più potente del mondo, fondata a Novi Ligure nella seconda metà del XIX secolo da quei galantuomini degli amici Bonelli e Cavanna. Amici fraterni della mia famiglia. Gli è che oggi, purtroppo, molti dipendenti dell’Italsider sono dei paraculi buoni solo a fare scioperi inutili, coi francesi che ne hanno approfittato, per cui l’ex Ilva se la sono comprata per quattro soldi, l’hanno sderenata intestandola agli indiani, e la stanno chiudendo. Così avranno finalmente – barando come sanno fare da sempre i cugini d’oltralpe – il mercato dell’acciaio in Europa nelle loro mani. Voila. Ora siamo arrivati al punto che nessuno vuole lavorare all’Ilva-Italsider-Acciaieria d’Italia perché, invece di entrare, chi ha voglia di lavorare se ne va. Gli è che, se prima facevano sciopero per difendere il posto di lavoro – cari sindacalisti – ora i dipendenti dell’ex colosso dell’acciaio che hanno voglia di lavorare si mettono in fila per andarsene. E se ne vanno i migliori mentre restano per lo più i fannulloni. Secondo la Rsu di stabilimento, oggi all’ex Ilva di Novi “lavorano” ormai meno di seicento persone (50 anni fa erano ancora duemila). Arriverà presto il primo maggio, festa dei lavoratori, ma siccome di lavoratori in Italia ne sono rimasti pochi, sarà una manifestazione molto simile a un funerale. Forse è la volta buona che quei sapientoni di Bonaccini e Landini, che non hanno mai lavorato, andranno a lavorare.