Tempio Pausania (Tommaso Fregatti de La Stampa) – Si torna drammaticamente indietro di più di quarant’anni nell’aula del tribunale di Tempio Pausania. E al processo a carico di Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi – Vittorio Lauria, Francesco Corsiglia e Edoardo Capitta – si rivive la controversa arringa degli avvocati degli imputati che durante quello che passò alla storia come “il processo per stupro” (trasmesso in Rai nel 1979 con tre milioni di spettatori) attaccarono la vittima di una violenza sessuale accusandola di una mancata reazione e indignando profondamente l’opinione pubblica.
Ieri in Sardegna la scena si è ripetuta durante il controesame di Silvia, la studentessa italo norvegese ventunenne all’epoca dei fatti (il nome è di fantasia) che accusa Ciro Grillo, figlio di Beppe comico e fondatore del M5S di uno stupro di gruppo avvenuto nel luglio 2019. Antonella Cuccureddu che difende uno dei quattro imputati ha fatto domande molto dettagliate sul rapporto sessuale ma anche sulla reazione. E non solo: il presidente del collegio dei giudici Marco Contu ha chiesto informazioni su come fossero stati tolti gli slip alla ragazza. La sequenza di domande ha scatenato dissenso e sorpresa di molti avvocati in aula. E degli stessi imputati (che finora non hanno posto domande nel controesame).
Ma anche il rammarico e la rabbia di Silvia, la vittima di quella violenza sconvolta per questo attacco incrociato. “Sono esausta, disgustata mi viene da vomitare dallo schifo”, ha spiegato commossa la giovane al termine dell’udienza durata più di sei ore e interrotta più volte per singhiozzi e pianti. Dario Romano, avvocato di parte civile che rappresentava la vittima in assenza di Giulia Bongiorno (nella foto) impegnata in Parlamento ha definito “da medioevo” l’interrogatorio della sua assistita. “Silvia ha detto chiaro di essersi sentita una preda di quei ragazzi”.
Antonella Cuccureddu spiega così la sua scelta: “Ho fatto solo io le domande e sono domande che vengono fatte per cristallizzare quanto accaduto. Sono una conseguenza di quanto raccontato ai carabinieri e ai pubblici ministeri. Loro stessi le hanno chiesto specificamente quali fossero stati i suoi atti di reazione a quello che le accadeva. Sono quesiti ovvi e scontati. Ho dovuto fare le contestazioni sui singoli momenti e sul perché non avesse urlato e non avesse reagito”. Per Cuccureddu è stato giusto insistere su dettagli intimi: “Nei processi si ricostruiscono i fatti – aggiunge – il fatto di cui discutiamo è una violenza sessuale. Non c’è niente di intimo in uno stupro. Il processo si fa per questo. Vittimizzazione ulteriore? Il concetto parte dal fatto che ci sia una vittima. Ma questo va accertato, procedendo segmento per segmento. Saltando un passaggio in una vicenda così delicata, si rischia che il giudice non conosca quel passaggio. Il mio dovere è difendere una persona rappresentando al collegio tutti gli elementi agli atti. Ho fatto solo contestazioni su quanto detto dalla ragazza”. Cuccureddu ha evidenziato “tante contraddizioni e non ricordo nel racconto di Silvia” . “A cominciare – aggiunge il legale – dal bacio a Ciro Grillo, alle gambe accavallate su Corsiglia e a molti aspetti della serata”.