Riguardo ai Grigi, a livello societario qualcosa è successo. Poco, meno di quanto si sperasse ma, vista la tragica situazione che si trascina da mesi, ogni millimetro percorso nella direzione giusta è un piccolo capolavoro. Si arriverà alla chiusura del cerchio, cioè dare al club una gestione credibile in cui riconoscersi anche solo un po’? Non lo so e, comunque, se qui nessuno è disposto a cambiare registro, a fare un po’ di sana autocritica e mettere in soffitta l’autoreferenzialità dilagante, ogni progresso sarà invalidato dal primo scienziato dei miei stivali che si mette a fare il professore. E parliamo di gente che parla senza conoscere i problemi, le modalità di gestione, lo sport e il calcio in particolare, e proprio perché non sanno nulla si credono in diritto di spiegarla a tutti. Fino a che ci saranno aspiranti dirigenti che si propongono come ultras di complemento, che si raccontano davanti alla “magica maglia grigia” come bambini deficienti, non si andrà da nessuna parte. Una società di calcio professionistica è fatta di regole e deve essere gestita dalla capacità e dall’esperienza di professionisti che conoscono la materia, si assumono la responsabilità delle scelte, dalle più facili a quelle più dolorose, e ne rispondono davanti alla proprietà. Ricordate i primi giorni del ritiro a luglio? C’era un allenatore che con una rosa di professionisti non c’entrava un tubo, un Ds e un Team Manager che consentivano a chiunque di entrare in campo a occuparsi di cose che non competevano loro, giornalisti che zampettavano felici accanto a quella sgangherata “macchina da guerra” e ci spiegavano quanto fossero bravi allenatore e staff. Non si parlava di calcio ma solo di “impressioni”, “mentalità”, “sconfitte immeritate” e il gruppo, così facendo, è stato sempre cloroformizzato, tanto c’era chi le combinava talmente grosse da cancellare tutto il resto. Adesso è arrivato un allenatore vero e si è subito fatto sentire rimettendo i giocatori al centro dell’attenzione. Poi è stato individuato Ninni Corda come “uomo di calcio”, personaggio scorbutico che è stato accolto al peggio da certa stampa insipiente e incapace (salvo poi far finta di non aver detto e scritto nulla). Guarda caso, appena il sardo si è insediato, pare che al campo di allenamento certe ridicole abitudini siano state abbandonate e speriamo che anche i soci, al momento, chiedano di cosa ci sia bisogno e non si inventino niente. Parliamo di alcuni personaggi che hanno spesso dimostrato in questi anni, qui e altrove, di non essere dirigenti illuminati e coinvolgenti. Di più: spesso hanno lasciato le realtà che hanno gestito in condizioni peggiori rispetto a quando se ne erano fatti carico. Se vogliono raccontarcela e raccontarsela richiamandosi alla “magia grigia” facciano pure (mica vorrai spiegare a un bambino che Babbo Natale non esiste) ma sarebbe il momento di prendere atto che ogni club, ogni maglia e ogni bandiera sono magici ognuno a proprio modo e non è quella la magia che ti fa vincere le partite e crescere ma la cultura del lavoro, del sacrificio, dell’attenzione, delle regole e il rispetto per le professionalità altrui. Chi va in curva faccia il tifo, se mostra uno striscione che sia colmo di entusiasmo e incitamento, e non solo insulti a chicchessìa, chi gestisce un museo non faccia il tifo per un nuovo DS o DG ma metta a posto le cose a casa propria, chi fa il dirigente, vecchio o nuovo che sia, si chieda cosa può fare per aiutare la causa e non pretendere che seri professionisti si trasformino in maggiordomi al loro servizio. I giornalisti poi si diano una regolata perché la ricreazione, se finisce, finisce anche per loro e i loro stanchi editori. Alla fine del girone d’andata dobbiamo girare a 20 punti: fra tutti proviamo a soffiare dentro le vele sgonfie e muovere il battello. Un miracolo, ma che in riva al Tanaro è già riuscito.