Se guardate in TV le panoramiche dedicate al pubblico che assiepa gli stadi italiani potete apprezzare quanto pubblico femminile e ragazzini accompagnati dai genitori assistono alle partite. Fino a una quindicina d’anni fa lo spettatore era prevalentemente maschio e le famiglie allo stadio erano mosche bianche. Oggi invece, chi vive l’evento sportivo dal vivo, è gratificato da due ore all’aria aperta per tifare i propri colori insieme alla famiglia o agli amici e lo spettacolo agonistico è a volte piacevole. La partita è un evento per ritrovarsi, socializzare, emozionarsi, vivere passioni comuni e senso di appartenenza. Domanda: da due anni e mezzo a questa parte anche chi va al Mocca ha trovato e troverà un contesto del genere? No. Il Mocca è ormai diventato una lista di rivendicazioni, insulti, divisioni, settarismo, prevaricazioni, recriminazioni, offese. Non ha senso oggi portarci la famiglia o coinvolgere un amico. E non basta colpevolizzare quei quattro tifosi da operetta anche sfascistotti che non sai se il loro comportamento sia dettato fini biecamente partitici oppure da un male interpretato ruolo di tifoso.
Ma dove sono finiti i vecchi Ultras di 30 anni fa e il loro codice magari discutibile ma dotati di un’indubbia autorevolezza? Erano parte integrante, coinvolgente e riconosciuta dello stadio. I loro attuali epigoni sono pupazzi eterodiretti, buoni a nulla, spesso nocivi, specializzati nel dividere e allontanare il prossimo anziché coinvolgerlo. Al momento però non saprei indicare un’entità contigua all’Alessandria che abbia svolto un ruolo utile per uscire da questo girone infernale. E non saprei neppure suggerire chi, fra le attuali cordate contrapposte, possa diventare soluzione decente dal punto di vista societario. L’unica cosa che so, e l’ho motivata fin dal primo giorno, è che Enea Benedetto va assolutamente rimosso. Che razza di presidente può essere un personaggio che, come lui, ha presieduto un club che in un campionato ha raccolto tre punti (!) la stagione scorsa a S. Mauro in Eccellenza? Tutto ciò denota la totale indifferenza del soggetto per i valori dello sport e dei doveri comuni a ogni massimo dirigente sportivo. È quindi la qualità imprenditoriale e culturale della persona che latita… il resto mancia. Ma se Enea non funziona perché il suo arrivo in questa plaga (magari qualcuno fa finta di non ricordare) era stato ben accolto? Ricordiamo alcuni messaggi social che, riletti ora, dovrebbero costringere gli autori a tacitarsi fino al giorno dell’Apocalisse: “Facciamolo lavorare e poi vediamo”, “Lui sì che ha risvegliato la dignità del tifoso grigio”, “Persino un personaggio discutibile come lui è meglio di Di Masi”, “Ci voleva un personaggio del genere per invertire la tendenza”. Meno male che è arrivata IdealeGrigio, associazione fondata per “portare trasparenza” in casa mandrogna. Se poi parliamo di trasparenza allora cominciamo da chi la pretende. Si possono sapere, per cominciare, i nomi delle persone iscritte a IdealeGrigio fin qui incarnata dal suo front man Gastini? Si può sapere se e a che titolo l’Associazione raccoglie sponsor e li gira al Club e se gestisce il Settore Giovanile mandrogno in tutto o in parte? L’iniziativa, partita per diventare colonna portante della società, ora si è ridotta, come ammesso da Gastini stesso, a “ciliegina sulla torta”. Tra l’altro, con questa legislazione in vigore, il 5% delle quote di proprietà che Ideale sta contrattando con Enea, a fine stagione porterà con sé pure il 5% di un deficit di circa 5 milioni di Euro da ripianare. Quegli ipotetici 250.000 euro, se e quando sarà il momento, chi li tirerà fuori? I soci dell’Associazione? Niente di più opaco quindi da chi pretende trasparenza altrui. L’altro slogan di IdealeGrigio era: “Salviamo i Grigi”.
Se Di Masi aveva promesso di vendere a persone qualificate – e non l’avrebbe fatto – IdealeGrigio ha forse “salvato i Grigi”, come aveva promesso? Forse il fatto che Laudicino abbia preferito Uomini e Donne in TV alla missione “Salviamo i Grigi” ha scompaginato i piani associativi (della serie “Tina Cipollari batte Ronny Rolando 2-0!”)? Passando poi alla coerenza tiriamo in ballo invece il giornalista (e addetto stampa di chiunque ne ha bisogno) il quale, appena letto su questo sito che Ninni Corda era entrato in orbita Alessandria Calcio, scrisse, diciamo due mesi fa, un de profundis che seppelliva il mister sardo citando i problemi che aveva avuto in passato senza citarne però i meriti. Ha dipinto Corda come “inaffidabile”, il rischio personificato di cadere “dalla padella nella brace”. A sorpresa, qualche giorno fa, il giornalista ha dato alle stampe una chilometrica e ammiccante intervista proprio a Corda “davanti al caminetto”. Che sarà successo? Ninni, nel frattempo, diventa la punta di diamante della cordata targata Tonetto, imprenditore, storico amico e fornitore ufficiale della real casa di cui il cronista è pure testimonial occulto. In fondo Corda, a pensarci bene, non è poi così brutto come era stato dipinto all’inizio. E poi, suvvia, le amicizie contano: gli amici degli amici sono miei amici, o no? Vero Enzo Biagi de noantri? E che dire di Museo Grigio, ente nato con un alto respiro culturale che poi si è trasformato in una cellula della Nord? Ora si occupa di censurare gli uni, criticare gli altri, dare patenti, infliggere censure, manco questi museali improvvisati fossero riconosciuti docenti ordinari della Università del Calcio. Dividere ed eccitare gli animi anziché unire le varie sensibilità: questa sarebbe la nuova mission di Museo Grigio. Il suo Presidente poi, in overdose di autoreferenzialità, è arrivato a pubblicare che “l’unica realtà che riconosce (oltre che la sua, ndr.) è il Comune”, quindi il Sindaco pro tempore. Caro presidente, ma chi ti credi di essere? Scendi dal pulpito. Il sindaco, per tua norma, non ha bisogno di cotanta suprema investitura perché tale responsabilità l’ha ricevuta direttamente dagli elettori i quali, se non ti spiace, gli danno una legittimità ben diversa rispetto a quella che puoi garantire tu e il tuo Museo, tanto più in versione movimentista. Ma finché al Mocca non si riuscirà a vivere un pomeriggio di calcio “normale”, come nelle altre 99 piazze calcistiche professionistiche italiane, dimentichiamoci che un imprenditore decente deciso “a provarci” si azzarderà a rilevare la società avendo la certezza di trovarsi contro certa stampa, certo tifo e certe sedicenti macchiette in maschera carnascialesca che in materia di calcio hanno sempre la ricetta giusta per gestire coi soldi degli altri. E se qualcuno ci prova comunque, tra un po’ i soliti sfascisti troveranno il modo per far fuggire anche i nuovi arrivati.