Pare si sia mosso il Primario del Reparto di Rianimazione in persona per convincere il Presidente Di Masi a tornare a parlare. Se così non fosse stato infatti il Grande Capo Penna Suicidante avrebbe immerso le mani nella coppa, preso una manciata di velenosissimi aspidi e si sarebbe fatta morsicare da quei dentini mortali a mo’ di Cleopatra. Ma Di Masi non voleva certo che il cantore ufficiale delle gesta grigie, nonché Grande Capo (augh), passasse a miglior vita. Se no chi poteva far da interprete e portavoce alle super minchiate che infettano Fb inoculate da alcuni sedicenti tifosi i quali, per un minuto di celebrità, sono disponibili a mettere la merda nel ventilatore? Certo nessuna delle ancelle di Penna Disperante, in quanto mediamente dotate del fascino sul tifoso pari a quello che suscita il sottoscritto nei confronti di Kim Basinger. Che sia per ragioni legate alla vita o alla morte di chicchessia o per legittima convinzione il Presidente dell’Alessandria Calcio ha comunque parlato. E, non l’ha confessato ma lo penso io, al ritorno da Foggia si sarà ritirato a riflettere indossando un candido kimono e gli saranno passate davanti tutte le immagini che ha vissuto da quando ha acquistato il club mandrogno fino alla partita contro i satanelli. I passaggi più interessanti dell’intervista, almeno per il popolo grigio, sono quelli riferibili alla conferma del contratto in essere col ds Magalini e della sostituzione di mister Gregucci. Che Di Masi non sia stato mai particolarmente ispirato nella scelta dei ds è dimostrato dal fatto di come sia riuscito a sopportare per un anno e mezzo in quel ruolo un personaggio come Svicolone Menegatti. Il pittoresco penultimo DS era stato scelto con sapienza e lungimiranza dall’impeccabile coppia Pavignano Gattopardon – Capra e, chiusa la parentesi alessandrina, con almeno venti mesi di ritardo, Tintoretto, dopo solo cinque mesi di stipendio incassato a Forlì in casa del fratello, è da anni senza ingaggio nonostante sia sponsorizzato dal più potente procuratore dell’Adriatico. Chiaro che passare da Menegatti a Magalini è stato come scendere da una vetturetta degli autoscontri e salire su una Porsche. Ma legarsi per tre anni tre ad un DS come l’ex Mantova e Grosseto equivale a sposare a Las Vegas Tina Pica (con rispetto parlando) conosciuta la notte prima. Della serie: “lì per lì pensavo di aver fatto il colpo della vita ma adesso guardandola bene alla luce naturale, mah…”. Una società come l’Alessandria, infatti, ha bisogno di crescere, non tanto in autostima, quanto in capacità di assestarsi nel mondo del calcio che conta, e Magalini non mi è parso, in questi due anni di permanenza in riva al Tanaro, il precettore in grado di dare le linee guida per la maturazione di una giovane classe dirigente calcistica, presidente compreso. Il fatto poi che Magalini, nei momenti difficili, si sia sempre rifugiato dietro l’alibi “tutto quello che ho fatto l’ho sempre condiviso col Presidente” può valere per il suo agiografo nonché addetto stampa privato Penna Strisciante ma non per chi questi giochetti dialettici li ha visti fare alle scuole elementari. Adesso arriva Braglia, allenatore vero, e sono proprio curioso di vedere se il DS si comporterà come, dopo averli scelti, ha fatto con D’Angelo e Gregucci. E col mister grossetano scordiamoci di mettere in piedi un collettivo votato al “calcio propositivo a prescindere” perché la qualità del gioco la danno i giocatori mentre gli equilibri li dà l’allenatore, quindi se c’è un collettivo in grado di vincere il campionato abbiamo in casa l’allenatore che ne sfrutterà al meglio le potenzialità, ma se non saremo così forti di testa, di gambe e di cuore come si deve, neanche Mourinho può fare il miracolo. E Piero Braglia al portoghese assomiglia un po’.
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