Valenza (AL) – Nei giorni scorsi, le Fiamme Gialle di Valenza hanno portato a termine una complessa indagine che ha consentito di scoprire una frode fiscale transnazionale per oltre 12 milioni di euro, messa in atto da numerose società con sede in diverse regioni del Centro e del Nord della Penisola. L’operazione è scaturita da un normale controllo transfrontaliero: fermato dalla Guardia di Finanza di Ponte Tresa al rientro nel territorio nazionale, un promotore finanziario di Valenza non era stato in grado di giustificare le disponibilità risultanti da alcune distinte di prelevamento rilasciate da una banca elvetica e custodite nella propria autovettura. Nel corso della verifica fiscale immediatamente avviata nei suoi confronti, tra le numerose irregolarità, la Guardia di Finanza di Valenza constatava che il promotore aveva occultato parte del proprio reddito, utilizzando fatture emesse a fronte di consulenze, in realtà mai rese, da due imprese con sede nel Delaware (U.S.A.). Il meccanismo evasivo svelato dagli investigatori è abbastanza articolato: ricevute le fatture, il promotore provvedeva a corrispondere l’importo indicato per il tramite di bonifici bancari verso la Germania e il Regno Unito; il denaro, poi, tranne un compenso pari al 10% di tale importo riconosciuto ai commercialisti americani e svizzeri che avevano organizzato la frode, veniva dirottato su un conto corrente svizzero a lui intestato, da cui, poco alla volta, prelevava in contanti e riportava le somme in Italia. Denunciato il promotore finanziario, le indagini dei finanzieri si sono concentrate su altri possibili contribuenti che, allo stesso modo, avessero evaso le imposte. Coordinati dalla Procura della Repubblica di Alessandria, i militari hanno quindi individuato diverse posizioni a rischio e hanno eseguito, simultaneamente, 69 perquisizioni presso le sedi legali, amministrative e operative di 34 imprese, dislocate in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Marche. Trentotto alla fine sono state le persone denunciate, responsabili di aver presentato, al fine di evadere le imposte sul reddito, una o più dichiarazioni annuali fraudolente mediante l’uso di fatture ideologicamente false, per un importo complessivo di 12.188.943,00 euro. In un caso, inoltre, è stato accertato che le false fatture (per quasi 1 milione di euro) avevano consentito la percezione di contributi a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato erogati dal Ministero dello Sviluppo Economico; mentre l’amministratrice di una società, ora fallita, dovrà rispondere anche di bancarotta fraudolenta, per aver distratto a proprio favore alcune decine di migliaia di euro, violando le legittime aspettative dei creditori. Uno degli elementi ritenuti decisivi dagli investigatori, e che ha dato nome all’operazione, “Protèus” appunto (con riferimento alla divinità greca dall’aspetto multiforme), è la caratteristica – comune a tutte le società d’oltreoceano coinvolte – di aver manifestato, nel tempo, competenze particolarmente variegate; ciascuna delle 21 società off-shore, infatti, stando alle carte, sarebbe stata in grado di fornire servizi che spaziavano, a seconda delle necessità (documentali) dei clienti, dalla progettazione di circuiti elettrici al controllo qualità di capi d’abbigliamento, dalla redazione di manuali di psicologia del lavoro ad analisi dei mercati finanziarî, dalla consulenza tecnica sulla costruzione di radar allo studio di particolari contratti nel diritto commerciale degli U.S.A., dal disegno di prototipi di protesi ortopediche allo sviluppo di software per il karaoke, da banali servizî di facchinaggio all’elaborazione di complessi progetti per la realizzazione di impianti di saturazione per sottomarini ecc. In molti casi, la definitiva prova della falsità delle operazioni è stata agevolata dall’utilizzo dei motori di ricerca: buona parte dei documenti tecnici, asseritamente realizzati, a prezzi elevati, appositamente per i proprî clienti dalle imprese americane, erano in realtà, già da tempo, accessibili e gratuitamente disponibili in rete. Grazie alle informazioni registrate su internet, i militari hanno smascherato anche l’amministratore di una società, che aveva simulato una spesa di 270.000,00 euro per la sponsorizzazione dei propri marchi in alcune competizioni sportive di rilevanza internazionale: le immagini delle manifestazioni, contenenti appunto tali loghi, si sono rivelate fotomontaggi, poiché negli stessi scatti fotografici reperiti on-line quei marchi non sono presenti. Allo stato attuale, a séguito dell’esecuzione di un sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Alessandria e del ravvedimento di alcuni indagati, che hanno spontaneamente versato le imposte evase, sono stati già recuperati denaro e altre attività finanziarie per oltre 565.000,00 euro; i Reparti del Corpo competenti per territorio, inoltre, procederanno alla constatazione delle violazioni fiscali.
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