Giornata Nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti: il 91% dei riceventi sono persone con malattia rara, percentuale che sale se si guarda ai soli minori di 16 anni. Per questo il 16 aprile si celebra la Giornata Nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti e, in vista di questa ricorrenza, le oltre 400 associazioni di pazienti che compongono l’Alleanza Malattie Rare – AMR, con il supporto di Osservatorio Malattie Rare – OMaR, hanno voluto avviare un dialogo interno per condividere le proprie esperienze, analizzare le criticità comuni e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su alcune questioni che potrebbero essere affrontate e risolte, a partire dalla riduzione delle tante, troppe, disparità territoriali. La necessità di occuparsi del tema della donazione di organi è dettata tanto dal valore salvavita della donazione e del trapianto, quanto dai numeri che mostrano come il legame tra malattie rare e trapianti sia assai stretto, probabilmente più di quello che si creda. Basti pensare, infatti, che in 17 anni (2002-2019) sono stati effettuati in Italia 49.400 trapianti d’organo e che nel 91% dei casi a ricevere cuore, polmone, fegato o reni, e con questi una nuova chance di vita, sono state persone affette da una malattia rara, per un totale di 117 diverse patologie rare individuate. Alcune di queste consentono un maggior accesso ai trapianti, rispetto alle altre: fibrosi cistica e fibrosi polmonare idiopatica (polmoni), cardiomiopatie (cuore), atresie e malattie metaboliche (fegato), nefropatie rare (reni). Solo il 5,6% dei trapianti riguarda i minori di 16 anni: nel periodo di riferimento (2002-2019), infatti, i bambini che hanno ottenuto un nuovo cuore, polmone, fegato o rene sono stati 2.294. Tra loro, tuttavia, il 92,7% era affetto da una malattia rara.
Il tavolo di lavoro sulla cultura del dono e sui trapianti, a cui hanno lavorato le oltre 400 associazioni dell’Alleanza Malattie Rare, concorda sull’assoluta necessità di agire su due diversi fronti per agevolare il percorso di cura delle persone che hanno il bisogno e la possibilità di affrontare un trapianto, e delle loro famiglie, uniformando per quanto possibile le differenze regionali.
Da una parte, si ritiene indispensabile continuare a promuovere la cultura del dono, perché una maggiore disponibilità di organi può garantire a un numero maggiore di persone questo percorso salvavita e in tempi più brevi.
Allo stesso tempo, però, occorre mettere in atto delle strategie per supportare i pazienti, e con loro le famiglie, che si trovano ad affrontare il lungo percorso trapiantologico, che quasi sempre prevede anche una lunga permanenza fuori casa, e spesso la migrazione in una diversa Regione. Permangono infatti ancora oggi, nonostante le associazioni le abbiano più volte segnalate, alcune difficoltà e disparità di trattamento e di comportamento, che variano da Regione a Regione, che si acuiscono, soprattutto per quanto riguarda il delicatissimo trapianto di polmoni, e che potrebbero essere risparmiate ai pazienti.
I Centri che eseguono i trapianti di polmoni in Italia sono solo 5: Milano, Torino, Padova, Roma e Palermo. Teoricamente non dovrebbe essere difficile avere comportamenti uniformi, eppure non sempre è così. Non esiste, infatti, una regolamentazione univoca per l’accesso ai Centri Trapianti e questo può influenzare molto la scelta di chi richiede l’accesso alla lista che, pur essendo parte di un sistema nazionale, prevede l’iscrizione presso un solo Centro Trapianti del territorio nazionale, a libera scelta del paziente. I Centri di Milano, Padova e Torino effettuano il più alto numero di questi trapianti, ma applicano delle regole differenti. Le più stringenti sono quelle del Centro di Milano, che può richiedere ai pazienti un domicilio milanese dal momento dell’inserimento in lista fino ai 12 mesi post trapianto. Le motivazioni sono incontestabili, ma appare evidente che la necessità di un trasferimento di più di un anno possa condizionare sensibilmente la scelta del Centro al quale rivolgersi. A partire dalle spese da sostenere, che sono tante: parliamo di 25-30mila euro per trasferirsi per un periodo minimo di 14 mesi insieme a un accompagnatore (il quale probabilmente vedrà diminuire o cessare le entrate provenienti dal proprio reddito). Spese che, inoltre, vanno a sommarsi a quelle della casa di residenza.
Anche per il “post trapianto” i protocolli forniti dai Centri variano notevolmente e l’assenza di linee guida nazionali univoche è un aspetto che – secondo le associazioni dell’AMR – dovrebbe essere urgentemente affrontato a livello istituzionale. Stili di vita, alimentazione, possibilità di vivere insieme ai propri animali domestici, sono tutti aspetti che vanno gestiti dopo il trapianto, visto che i farmaci antirigetto vanno assunti a vita, non secondari poiché riguardano la vita quotidiana delle persone e impattano anche sulle loro famiglie. Proprio al coinvolgimento di tutta la famiglia sarebbe necessario guardare con maggiore attenzione, non solo facilitando e uniformando tutti i passaggi burocratici, ma anche offrendo ai pazienti e all’intero nucleo familiare un adeguato supporto psicologico, sia nella fase di attesa del trapianto che dopo, supporto che – denunciano le associazioni dell’AMR – non è quasi mai garantito a livello territoriale.
Non solo i Centri Trapianti, ma anche le Regioni si comportano in modi differenti. È previsto, ad esempio, un rimborso (a posteriori) per chi effettua trattamenti sanitari fuori dalla propria Regione di residenza, ma le leggi regionali sono tutte diverse una dall’altra.
“Il risultato è una totale disomogeneità di procedure e di massimali – spiega Gianna Puppo Fornaro, Presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica – LIFC – Secondo uno studio che abbiamo condotto sul tema, ci sono Regioni che rimborsano solo il viaggio, altre che rimborsano parzialmente le spese di alloggio. In generale, il rimborso viene emesso sempre a posteriori, ma spesso deve essere fatta una richiesta di pre-autorizzazione. Le famiglie sono disorientate, ed eseguire le operazioni burocratiche è quasi sempre difficilissimo. Così siamo noi associazioni a dover compensare, questa ed altre necessità”.
“La questione delle disparità territoriali è divenuta il tasto dolente della sanità italiana – commenta Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice di Osservatorio Malattie Rare – Nelle malattie rare, in cui la mobilità territoriale è quasi sempre la norma, il problema diventa enorme. Se non ci fossero le associazioni a dare una mano, sia con le pratiche burocratiche ma anche, spesso, con aiuti economici, ospitalità e supporto psicologico, alcune persone non potrebbero accedere a questo atto salvavita, per mancanza di risorse economiche, culturali e per assenza di adeguato supporto psicologico. Si tratta di una disparità nel diritto alla salute non accettabile”.
Infine, l’AMR denuncia un ulteriore, grave, problema: le difficoltà dei pazienti in ossigenoterapia ad essere trasportati, specialmente in aereo. Come nel caso di Ferruccio Sanvido, al quale, mentre era in attesa del trapianto (purtroppo non arrivato in tempo), è stato negato di potersi spostare in volo dalla Sardegna al Policlinico di Padova. L’ossigenoterapia è una terapia salvavita (necessaria anche nel caso di molte cardiopatie), ma di fatto per i pazienti è estremamente difficile spostarsi con i propri dispositivi medici, alcuni dei quali vengono rifiutati a bordo degli aerei per motivi di sicurezza o problemi di omologazione. Questa situazione spesso costringe a ricorrere a costosissime soluzioni di trasporto sanitario emergenziale, quando probabilmente basterebbe che i velivoli di linea mettessero a disposizione a bordo un sistema di fornitura di ossigeno omologato. In questo modo, si eviterebbe di dover presentare documentazioni e certificazioni di idoneità al volo dei dispositivi e si consentirebbe sempre alle persone bisognose di ossigeno di spostarsi liberamente, che si tratti di un trasporto urgente per motivi sanitari o di un viaggio “di piacere”, nel rispetto delle regole e della sicurezza di tutti.
Per la definizione delle richieste un contributo particolarmente rilevante è stato dato da alcune associazioni dell’Alleanza che, per la natura della patologia che rappresentano, affrontano più frequentemente il tema del trapianto o della donazione d’organo o che, operando vicino ai Centri di riferimento, si trovano spesso a supportare pazienti in attesa o nella fase di post trapianto. Si ringraziano in maniera particolare per le testimonianze, le proposte e i contributi Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia – AILS ODV, Associazione Libera Malati Acalasia e altre Malattie dell’Esofago – ALMA Onlus, Famiglie Disabili Lombarde – APS, Federazione Italiana Malattie Polmonari – FIMARP, Unione Trapiantati di Padova Onlus, Un Respiro di Speranza APS, Associazione Italiana Anderson-Fabry Onlus – AIAF, Coordinamento Lazio Malattie Rare – CoLMaRe, Associazione Malattia Rara Sclerodermia e Altre Malattie Rare Onlus – ASMARA, Associazione Nazionale Nutriti Artificialmente Onlus, Lega Italiana Fibrosi Cistica – LIFC.
Per riepilogare, ecco i suggerimenti e le richieste dell’AMR rivolte a tutte le istituzioni competenti per ciascun tema:
1. Continuare a promuovere la cultura del dono;
2. Favorire la nascita di una regolamentazione univoca per l’accesso ai Centri Trapianti;
3. Promuovere la definizione di linee guida nazionali univoche per la gestione del post trapianto;
4. Garantire sul territorio il supporto psicologico alle persone in attesa di trapianto e nella fase post trapianto e alle loro famiglie;
5. Uniformare le procedure e i massimali per i rimborsi relativi alle spese che le famiglie devono sostenere per effettuare il trapianto fuori dalla Regione di residenza;
6. Affrontare le difficoltà di trasporto, soprattutto aereo, per le persone che hanno necessità di ossigenoterapia.
Fonti dei dati citati nel comunicato stampa: Centro Nazionale Trapianti, Orphanet Journal of Rare Diseases
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