Campobello di Mazara (a.g.) – Per beccare Messina Denaro c’era bisogno dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), cioè dell’intelligence? Messina Denaro non era nascosto in un oscuro quartiere periferico di Shanghai ma in un Comune in provincia di Trapani di 12.000 abitanti, dove tutti sanno tutto di tutti.
Ma chi vogliono prendere per i fondelli?
In sintesi estrema c’è un informatore “noto agli uffici e di provata fede” (in gergo di caserma, credibile), ma rimasto anonimo negli atti trasmessi, che racconta che “Matteo Messina Denaro vive in zona. Non lo vogliono prendere. Qualcuno gli deve portare i vestiti e da mangiare. Dove pensate che sia se non qui? Non li avete visti quei due (fa i nomi) che fanno avanti e indietro da Torretta (Torretta Granitola comune del Trapanese, ndr)? C’è il vedovo della ginecologa e quello del bar”. I ragazzi lo vedono come un idolo anche se adesso dicono tutti di non averlo mai conosciuto. Passano coi motorini e fotografano i giornalisti appostati sotto il covo di via San Vito, ex via Cb 31/7. Alle pompe di benzina, ai bar, nei supermercati, nei negozi in cui pure dalle indagini – adesso si sa – è entrato eccome, nessuno lo ha riconosciuto. Ma l’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato in carcere il suo prestanome Andrea Bonafede racconta come il boss andasse anche a fare la spesa per conto suo. L’uomo che aveva prestato l’identità all’ex latitante, Andrea Bonafede, 59 anni, ha lavorato (rivestendo anche il ruolo di socio d’impresa) in un rinomato parco acquatico di Torretta Granitola. E che da questo piccolissimo centro abitato basta percorrere circa dodici chilometri per arrivare in dieci minuti a Campobello seguendo la strada provinciale 51.
E siamo arrivati a uno dei tanti, troppi, paradossi italiani, ma io che sono piemontese e non ne posso più dico: a uno dei tanti, troppi paradossi della Terronia. Ecco l’uomo che fu arrestato due volte, prima sotto le spoglie di Matteo Messina Denaro e poi sotto le proprie, quelle di Andrea Bonafede, 59 anni, di professione geometra e prestanome-prestatutto del superlatitante più ricercato d’Italia (per la carità). In cima alla rete di protezione fra Campobello di Mazara e Castelvetrano gli inquirenti collocano Bonafede, l’uomo che aveva dato carta d’identità, auto, bancomat, un appartamento e chissà cos’altro a Messina Denaro. Due giorni dopo la consegna dei documenti al capomafia, l’acquisto dell’appartamento di Via Cb 31, vicolo San Vito, a Campobello (nella foto il picciotto che fa la guardia alla casa di Messina Denaro). Il medico di famiglia, il dottor Alfonso Tumbarello, anche lui indagato, non avrebbe saputo: Bonafede gli avrebbe chiesto alcune ricette per Messina Denaro, ma sempre senza dirgli niente, come se il tumore lo avesse veramente lui.
Niente saccio!
Credibile? Assolutamente no.
E agli inquirenti è bastato vedere che la prima operazione chirurgica del latitante risale al 13 novembre 2020, per smentire categoricamente che i due si fossero incontrati solo nel 2022: perché il ricovero era stato fatto già due anni e mezzo fa a nome di Andrea Bonafede. E non solo: il 27 luglio 2020 Giuseppa Cicio, madre dell’uomo arrestato ieri pomeriggio, aveva comprato una Fiat Lounge e il 12 gennaio 2022 la stessa anziana donna l’aveva data in permuta per comprare la Giulietta nera targata. Si tratta dell’auto trovata domenica nel recinto di un terreno di Campobello di proprietà di Antonino Luppino, figlio di Giovanni, l’autista catturato assieme a Messina Denaro a Palermo. Da qui la certezza di un rapporto duraturo, confermato dalla «meritevole segnalazione di un rivenditore di autovetture», Giovanni Tumminello, che giovedì scorso si è presentato dai carabinieri per dire che quell’auto intestata alla signora di 86 anni l’aveva comprata personalmente, «in modo tracciabile e non in contanti», un signore che si era presentato come Andrea Bonafede, ma che in realtà aveva le sembianze di Matteo Messina Denaro.
Ma chi vogliamo prendere per i fondelli?