dal Mocca di Alessandria – Dopo dieci partite di campionato e a valle di una vittoria cominciamo a trarre qualche conclusione circa la stagione dell’Alessandria che è stata fin qui, e quella che potrebbe diventare. Senza ripercorrere le note esaltanti della costruzione di questo collettivo e del topolino partorito dalla montagna comincio col dire che fino ad oggi, delle dieci avversarie incontrate, cinque occupano, almeno momentaneamente, gli ultimi posti in classifica. Abbiamo incrociato pure quattro possibili candidate alle prime piazze (Feralpi, Cremonese, Bassano e Cittadella) e solo contro i veneti abbiamo mantenuto la media inglese. Le due cose, di per sé, non hanno grande importanza, ma ci dicono, per esempio, che di qui fino alla fine del girone d’andata, ci toccheranno avversari i quali, almeno sulla carta, non saranno arrendevoli agnelli sacrificali. Che le cose comunque non abbiano ancora brillato lo dice pure il cambio d’allenatore alla quarta giornata (Gregucci al posto di Scienza). Tra l’altro chi pensava che il problema fosse relativo principalmente ad una sorta di incomunicabilità fra il gruppo e mister Scienza ha dovuto ricredersi: problemi nella costruzione dell’organico c’erano e rimangono. Il subentrato “Nostro Caro Angelo” ha avuto dalla sua la fortuna di aver dovuto affrontare subito partite che si sono svolte – senza meriti esagerati da parte mandrogna (Pro Piacenza e Renate su tutte ) – in maniera positiva e di aver dovuto gestire… certi infortuni.
Mi spiego meglio: della squadra tipo concepita a giugno mi pare che almeno cinque presunti titolari su undici non possano giocare tutti assieme. Certi infortuni patiti in questo scorso di stagione hanno riguardato proprio alcuni di questi presunti inamovibili (Loviso, Fischnaller, Iunco…) e di conseguenza hanno trovato spazio sicuro Marras, Boniperti e un centrocampista tra Nicco, Mezavilla e Branca. Il nuovo forzato equilibrio ha consentito così al mister di supportare (e sopportare) Bocalon che sotto porta è più lucido (e te credo!) di Marconi, e lasciar perdere, per il momento, le sirene della difesa “a tre“, benché la nostra coppia centrale (Sosa e Morero, due ex terzini destri adattati a centrali) non convinca pienamente. Per non parlare poi del ruolo di terzino mancino perché proprio l’infortunio di Manfrin ha di fatto consolidato la posizione di Sabato, fin qui, a parer mio, il miglior giocatore della squadra. Gli infortuni che hanno generato invece situazioni negative sono quelli di Boniperti, di Nordi e quello, che ormai dura da un’era geologica, di Terigi. E proprio l’assenza di questo granatiere mancino, che è in organico ma mai disponibile, ci è già costato l’accesso ai play off la stagione scorsa e, in questo primo scorcio di campionato, chili e volume indispensabili in mezzo alla difesa.
Se in questa mia analisi c’è almeno il cinquanta per cento di verità lo sapremo fra poco perché è ovvio che, se ho solo un po’ di ragione, alla finestra del mercato di gennaio non potranno mancare almeno tre operazioni che riguarderanno i presunti titolari. Sempre che Magalini non riesca a mettere in moto il meccanismo degli scambi con altre società, al contrario che in passato (vedi caso Guazzo). E se, dopo il faraonico mercato estivo, pensavamo di tifare per un’invincibile corrazzata adesso ci troviamo in campo un incrociatore. Sono convinto quindi che il DS di cose da spiegare ne abbia un bel po’. Ma non se la può cavare, come fanno spesso suoi colleghi, sostenendo che il giudice supremo del suo lavoro è patron Di Masi. Infatti Magalini dovrebbe ben sapere che dietro alla bontà del suo lavoro e delle sue scelte si muove una macchina societaria imponente ed articolata. Se si vuole lanciare un brand come quello dell’Alessandria Calcio quindi non basta richiamarsi alla “mozione delle emozioni”, come fa qualche patetica aspirante nuova Penna Perdente (ma non ne bastava una in questa plaga? Mi vien da piangere…), bensì fare in modo che chi non si “emoziona” oggi si emozionerà domani. Vista la situazione, il direttore generale di un’ipotetica ditta da rilanciare non può permettersi di sbagliare il prodotto, pena la chiusura dell’azienda e, tanto meno, limitarsi a fare il drone osservando dall’alto, ma deve intervenire e risolvere i problemi, senza ammiccare che il suo l’ha fatto ma a sbagliare sono gli uomini che, peraltro, lui stesso ha scelto.
Adesso due paroline su Vannucchi. Il portierino in questione è stato inspiegabilmente osannato da una parte della critica sportiva mandrogna per la prestazione d’esordio, visto che ha potuto giusto esibirsi in parate che avrei fatto anch’io ed il suo certificato storico parla solo di calcio giovanile. Tutto l’entusiasmo che ha suscitato il nostro giovane portiere di riserva lo si deve più credibilmente alla campagna diffamatoria nei confronti del titolare Nordi. Un venticello che arriva da lontano, orchestrata da figuri che, tra l’altro, occupano ruoli di rilievo in associazioni di tifosi e magari alcuni di essi (a buon intenditor…) sono contigui alla società. Lasciando perdere per una volta la disgustosa piaggeria di alcuni pennivendoli verso certo tifo autoreferenziale, mi chiedo quando la società si deciderà ad intervenire su gentaglia ed episodi che possono creare danni inimmaginabili alla stabilità e all’armonia del gruppo. E, in questo caso, chi ha il dovere, la veste e l’onere di mettere i puntini sulle “i”? Non certo il solito steward domenicale del Mocca.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.