In queste colonne nel recente passato si è sostenuto che, per valutazioni oggettive e generali in merito all’attuale organico della squadra mandrogna, a voler essere persone serie e non semplici agit-pro, si debba aspettare il dopo-Cosenza o comunque non oltre la prossima sosta di campionato. Dire che avevamo dimostrato fiducia nelle scelte tecniche operate dalla direzione sportiva durante l’ultimo calcio mercato (e pure in quelli precedenti…) sarebbe pura ipocrisia ma bisogna dare il tempo e le occasioni per avere in mano il maggior numero di elementi prima di valutare se il percorso intrapreso ci porta da qualche parte o se bisogna invece interrogare di nuovo il navigatore e optare per percorsi alternativi. A questo principio ci si attiene e non poteva essere neppure la quinta sconfitta consecutiva (su 5 partite giocate) a farci derogare. Prima annotazione storica: dal dopoguerra non mi risulta che ad Alessandria si sia confermato un allenatore la cui squadra ha subito tre sconfitte consecutive, figuriamoci cinque! È un dato che si è ripetuto fino ad oggi, a prescindere dalla categoria, dagli obiettivi e dalle gestioni sportive. Questa tradizione stavolta è stata disattesa, e giustamente, perché si richiama ad una logica che non necessariamente porta a svolte utili. Allegri a Cagliari, per esempio, ha raccolto, al suo incarico in A, la miseria di un punto nelle prime sei partite. Il suo presidente era Cellino (ora patron del Brescia) che lo ha confermato contro il parere diffuso che ne suggeriva l’esonero. Il Cagliari in quella stagione si è poi salvato brillantemente e il mister si è posto all’attenzione del calcio italiano guadagnandosi la panchina del Milan. Quindi certi princìpi talebani non sempre funzionano. Determinante invece dovrebbe rivelarsi invece la fiducia dei massimi dirigenti nella bontà del lavoro quotidiano del mister, nella qualità del materiale umano a disposizione e nell’analisi degli episodi che hanno condizionato certi risultati negativi (o addirittura positivi). Certo che se qui è passata l’idea che questa prima stagione in B dopo 5 lustri fosse poco più che una passeggiata di salute pensiamo che quelli che lo pensavano si sono sbagliati. E se qualcuno è rimasto oltremodo stupito dagli errori individuali commessi dai nostri giocatori in questo inizio di campionato o, che prima o poi, non ci arrivasse tra capo e collo un arbitraggio discutibile come quello subìto a Lecce, temo che viva nel mondo dei sogni. Poi, come nella vita reale, ci si alza, si va a lavorare e si combattono le proprie piccole o grosse battaglie, comprese le ingiustizie che a volte la quotidianità ci riserva. E qui, se dovessimo fare degli esempi calzanti, potremmo scrivere un opera degna dell’Enciclopedia Britannica. Concetti che sabato scorso ha mirabilmente interpretato il pubblico del Mocca e che Dio gli renda merito (certa maturità e generosità, per certi versi inaspettata, allarga i cuori), lo ha capito mister Longo che a fine partita si è soffermato sui nostri limiti e le nostre inadeguatezze senza fare sconti a nessuno ed evitando l’affannosa ricerca di alibi per lui e, soprattutto, per i suoi. Persino Di Masi che si era inalberato a Lecce, dopo aver fatto i passi secondo lui dovuti, non è più tornato sull’argomento. Chi invece pare non intenda partecipare a questa indispensabile seduta di autoanalisi è il DS il quale, dalla data di chiusura del mercato, non si è fatto né vedere né sentire. A parte l’ultima grottesca intervista rilasciata al Piccolo la settimana scorsa nella quale, sentite le domande e lette le sue risposte non certo pertinenti, ha sfiorato la presa per il culo per lettori, sportivi e tifosi. Dire che non si è più fatto sentire non è esatto, però. Perché con qualcuno invece parla e ha parlato della situazione tecnica che si è venuta a creare. Al punto che un suo noto e antico confidente ha pubblicato un intervento social nel quale ci informa che, durante il calciomercato appena concluso, sarebbero state presentate ripetutamente le dimissioni del DS e del Mister, poi rientrate. In questo post, vergato con il tono tipico di chi le segrete cose le sa, l’autore non sembra disposto ad accettare oltremodo le critiche sulla competenza e le mosse del DS. E lo fa facendo emergere particolari inediti che, se fossero confermati, sarebbero cose gravi davvero, al punto da minare il rapporto di fiducia e di collaborazione all’interno della società fra i professionisti che ricoprono i ruoli apicali. Che dentro il club, visti gli ultimi rovesci sportivi, ci possano essere tensioni è normale e comprensibile. Non è accettabile invece è questa opacità, visto che sponsor, pubblico e stampa hanno fin qui dimostrato una lealtà e un affetto che non merita certo la cultura del “non detto” che sembra prevalere, Mister a parte, naturalmente.