Pisa – Alessandria: venerdi 27 agosto ore 18 allo stadio “Arena Garibaldi” per la seconda giornata del girone d’andata di Serie B
L’esordio nel Campionato di Serie B a Benevento si chiude con una sconfitta dei Grigi per 4 a 3. Numeri importanti per una matricola impegnata nella prima di Campionato contro una retrocessa dalla serie A, il Benevento, squadra favorita per ritornarci. Se nel gennaio scorso Mago Merlino ci avesse predetto che la prima di campionato della stagione agonistica 2021/2022 sarebbe stata disputata dai Grigi a Benevento avremmo concordato tutti che per il nostro mago diventava auspicabile cambiare pusher. Alla fine del girone d’andata infatti il Benevento veleggiava sicuro in massima serie, accreditato pure come squadra rivelazione. L’Alessandria invece arrancava a mezza classifica nel Girone A della Serie C, con la guida tecnica che sportiva in affanno. Ma a gennaio arrivava Moreno Longo e… bla bla bla. Risultato: nella prima delle 38 partite della nuova annata sportiva in “B” l’Alessandria gioca al “Vigorito”.
Vittoria sfumata
Subito Corazza, grazie a una grande giocata, porta in vantaggio i mandrogni che poi hanno perso per 4-3. Per quelli che la sanno lunga l’analisi della partita è semplice, quasi banale: un rigore evitabilissimo e una sfortunata autorete hanno spalancato la strada alla vittoria dei sanniti. Mettici pure l’arbitro casalingo e un Var stranamente pignolo, e la frittata è fatta. Analisi, questa, agli occhi di qualche smaliziato osservatore, superficiale e fuorviante.
Mandrogni leggeri
Nel merito è parso che i Grigi abbiano pagato un deficit in termini di kg e cm. Imprecisione e lentezza nelle giocate e un preoccupante corto circuito durato una ventina di minuti (culminati con due gol dei padroni di casa in contropiede) hanno fatto il resto consentendo al Benevento di raggiungere e superare la matricola Grigia. Ancora una volta certa piazza e i suoi cantori prendono il comodo sentiero del vittimismo e della congiura perpetrata da gente brutta e cattiva che ce l’ha con l’Alessandria.
Manca l’intesa
Stavolta non c’è da fasciarsi la testa perché sono tanti i giocatori nuovi che devono ancora acquisire una condizione fisica sufficiente e almeno due nuovi elementi di peso in arrivo per ottimizzare l’organico. Venerdi l’Alessandria giocherà l’anticipo a Pisa. Pure sotto la Torre pendente, vista la stentata vittoria casalinga ottenuta dai toscani a spese della Spal nella partita d’esordio, dubbi e problemi non mancano. Nella proprietà della Società nerazzurra (ha la maglia simile a quella del Renate o, se preferite, dell’Inter) ha fatto il suo ingresso un “americano anomalo”. Parliamo d’un facoltoso imprenditore statunitense innamorato del calcio e della Versilia. Il nuovo patron ha fatto capire di non essere il classico “ricco scemo”, disponibile a farsi saccheggiare il portafoglio da qualche apprendista stregone del calcio nostrano.
Tosti toscanacci
Il Pisa ha confermato l’impegno operativo dei vecchi dirigenti rimasti con una quota di minoranza e durante l’estate sono state fatte le pulizie… “di primavera”. È stato rinnovato il management che pure aveva lavorato con profitto negli ultimi quattro campionati. Gemmi (sì, quello che ha giocato ad Alessandria assieme a Longo in Interregionale con Viassi in panchina) ha fatto il DS dei toscani ereditando una squadra di “C” in difficoltà e l’ha portata in B, confermandola due volte fra i cadetti. Nell’anno della promozione in B l’allenatore era Luca D’Angelo, poi confermato in B per altre due stagioni e ora, forte d’un rinnovo biennale, è l’unico confermato nella sezione tecnica pisana. Se ci ricordiamo come il mister abruzzese sia stato accolto e sottovalutato dagli scienziati del calcio nostrano e da buona parte della critica sportiva mandrogna durante la gestione Magalini, forse si riesce a capire come e perché abbiamo passato una cinquantina d’anni in C (quando c’è andata bene).
Il calcio in Toscana è un’arte
Nonostante non sia stato confermato ad Alessandria dopo la stagione 2014/15 la carriera di D’Angelo è comunque decollata e, come è giusto che sia, la bravura e la professionalità è stata riconosciuta. In una piazza come Pisa il calcio è cultura oltre che passione. Chi ha avuto la fortuna di poter godere negli anni ’80 all’Arena Garibaldi delle giocate di gente come Dunga (capitano della Nazionale Carioca), Kieft, Berggren, Piovanelli o Diego Simeone, difficilmente scommette su cavalli bolsi. Se dirigenti e tifosi pisani hanno giudicato D’Angelo degno della loro fiducia probabilmente hanno avuto ragione, mentre qua da noi è stato oggetto di critiche e perfino agguati da parte di nostri certi “tifosi eccellenti”. Anche la rivoluzione estiva dell’organico pisano è stata concepita e realizzata sul mercato fra colpi riusciti ed altri mancati. Adesso a Pisa ci sono 7/8 nuovi titolari da assemblare con quel poco che è rimasto delle passate stagioni. Un autentico “colpo di mercato” messo a segno dal nuovo DS Chiellini è stato l’acquisto di Lucca, punta pagata a peso d’oro al Palermo, dove aveva giocato e convinto in C l’anno scorso e l’anno prima ancora in D.
Dal Piemonte Sabaudo alla Terra di Galileo
Lucca è nato a Moncalieri nel 2000, alto due metri tondi, cresciuto (è proprio il caso di dirlo) nella “cantera” granata e poi acquisito dai peloritani in Serie D prima di essere acquistato dai toscani per un botto. È del tutto evidente che quelli sono i colpi di mercato destinati a far crescere una società sotto tutti i punti di vista. Per alcuni evidentemente la partita, il lavoro dei nostri professionisti e l’applicazione dei nostri giocatori talvolta passa in secondo piano perché le cose che sembrano uniche rispetto al mero gesto agonistico e sportivo sono la passione e la costanza di alcuni benemeriti tifosi mandrogni al seguito della squadra. La notizia sarebbe che alcuni di loro seguono la squadra, magari sottoponendosi ad autentici sacrifici. Altri invece fanno notizia onorando impegnativi fioretti a base di maratone votive. Forse ci siamo persi qualcosa.
Anche essere un tifoso dei Grigi ha la sua dignità
Seguire la propria squadra del cuore una volta era un privilegio, un piacere e non certo un atto di eroismo com’è adesso inteso. Diciamola tutta: nessuno, che si sappia, lo richiede o lo pretende. Anzi è probabile che, coloro i quali si sono potuti permettere di seguire a Benevento la squadra grigia – amministratori pubblici compresi – sia stato benevolmente invidiato da chi, per ragioni di lavoro, di equilibri e risorse familiari o per forza maggiore non ha potuto essere presente alla prima di campionato in Campania. Se poi i tifosi duri e puri citati per nome e cognome in tutte le occasioni possibili, gratificati da foto pubblicate su certi fogliacci illeggibili, a qualcuno magari verrebbe da pensare: “Ma chi se ne frega se Caio o Sempronio sono andati a vedere la partita a Benevento anziché portare moglie e figli in piscina”. Da ciò nasce il sospetto che il marketing ormai sia ampiamente utilizzato anche da certi pennivendoli.
Ma è solo un sospetto, naturalmente.