(15.11.2011) – La stessa incoscienza suicida, coperta da identiche rassicuranti menzogne, che ha caratterizzato la finanza ed i bilanci pubblici italiani in questi ultimi anni, si ritrova anche nel settore della sicurezza dal pericolo alluvionale. Il ripetersi di morti e distruzioni ogni qualvolta piove, quasi fossimo sotto gli effetti di una maledizione interessante l’intero paese, ne sono la prova più incontestabile. Alessandria è una delle zone a più alto rischio ambientale. L’abbattimento del ponte della Cittadella e di quello del Sanatorio non hanno per nulla aumentato la sicurezza della città, qualsiasi favoletta possa continuare a raccontare chi ne è stato responsabile, costretto ad una eterna menzogna nel timore di finire in galera. E non è detto che prima o poi non ci finisca assieme ai suoi autorevoli complici visto che la mente pensante ideatrice degli illegali abbattimenti è attualmente indagata a Milano per piccoli e modesti reati come appalti truccati, rapporti con la mafia, fornitura di materiali scadenti nonché corruzione di politici e funzionari tramite donativi di Mercedes, ville e Rolex d’oro. Notizie apparse sul Corriere della Sera di lunedì 14 novembre a pag.24 che invitiamo gli alessandrini ad andare a rileggere per ben capire quali sono i veri padroni dei nostri territori ed il loro infimo livello di civiltà. Il rischio di alluvione per Alessandria nasce dall’unione di due momenti ugualmente pericolosi. Primo: la pessima bonifica del Tanaro effettuata al di fuori di ogni criterio razionale e scientifico dopo l’alluvione del novembre 94. Bonifica costata oltre 600 miliardi di lire che ha avuto il solo risultato di accrescere, anziché ridurre, il rischio di alluvione per la città (e di questo parleremo più avanti). Secondo: come se non bastasse a favorire le inondazioni bisogna poi aggiungervi un Piano Regolatore che, mentre la città perde popolazione e le industrie chiudono, ne prevede bizzarramente la crescita a 360.000 abitanti dagli attuali 92.000. Per ottenerne gli spazi necessari si sono utilizzate per lo sviluppo anche aree golenali (ossia aree di naturale esondazione del fiume durante le piene) giustamente lasciate tali dai piani regolatori precedenti. E così supermercati, residenze, industrie si trovano oggi a vivere sotto la spada di Damocle di eventi alluvionali. Sono dati incredibili, ma purtroppo veri e sono spiegabili solo da una carenza culturale della classe dirigente alessandrina che non ha riscontro in nessun altro periodo della sua storia. Alessandria, con solo il 18% di residenti di origine locale, ha perso la propria identità ed oggi non è altro che un’accozzaglia di culture disomogenee priva di radici e di tradizioni. La vera storia di Alessandria, quella autentica, è una storia di acqua e di fiume a cui la nostra città deve ogni cosa, compreso il suo nascere ed esistere. Per questo gli alessandrini da sempre, in ogni epoca e sotto ogni regime, hanno amato e rispettato i fiumi sapendo quanto generosi e nel contempo vendicativi possono essere. La nostra storia, prima di finire sotto i Savoia che erano sempre in guerra con tutti, è una storia di commerci tramite il porto fluviale del Tanaro, un tempo assai fiorente, di utilizzo razionale dei corsi d’acqua. Il Bormida è stato deviato ben tre volte ed una volta il Tanaro. Canali per uso irriguo per il drenaggio delle acque attraversavano i suoi terreni agricoli. L’intero nucleo storico di Alessandria è stato rialzato di circa 3 metri per difenderlo dalle alluvioni (l’ultima di queste operazioni è avvenuta in piazza della Libertà in epoca napoleonica e per farlo sono state utilizzate le macerie del vecchio duomo), canali circondavano le sue mura ed altri ne penetravano gli interni per il trasporto delle merci. E così fu dalle sue origini fino all’avvento delle ferrovie che rivoluzionarono il sistema dei trasporti e decretarono la fine della piccola navigazione interna. Gli alessandrini erano noti come barcaioli lungo l’intero corso del Po che poi risalivano in tutte le direzioni. Le acque del Tanaro fornivano energia per le sue prime industrie. Mulini utilizzati per la follatura delle stoffe prodotte dagli Umiliati esistevano sul Tanaro a monte del ponte che univa la città a Borgoglio e a Villa del Foro, in località il Paraiso. Il Bormida, accuratamente dragato, permetteva di risalirlo fino ad oltre Acqui con trasporto di merci e di passeggeri che andavano a frequentarne le Terme. Quando c’erano le piene si favoriva l’allagamento dei campi privi di messi per ottenerne la fertilizzazione. Il pesce di fiume, ultra abbondante e non distrutto dagli attuali inquinamenti, costituiva il principale apporto di proteina nell’alimentazione delle classi subalterne.
continua –
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