Torino – Ormai sono in molti a ribadirlo: non è la cosa migliore che il paziente Covid19 sia curato all’ospedale in quanto per chi arriva al pronto soccorso spesso è troppo tardi. Il coronavirus deve essere curato a casa all’insorgere dei primi sintomi. Questa la decisione presa dalla giunta del Piemonte che per prima in Italia è la regione che rompe gli schemi modificando il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid. La terapia sarà seguita dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa” per seguire il solito “granchio” presi da Aifa che aveva anche proibito l’idrossiclorochina. A questa decisione si è opposto il “Comitato Cura Domiciliare Covid19” guidato da Erich Grimaldi e Valentina Piraino, entrambi avvocati, che hanno presentato istanza cautelare – vincendola – contro il ministero della salute e l’Aifa, per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia. E, in forza di questa importante decisione, il Piemonte sta facendo da apripista per tutte le regioni d’Italia nella lotta al Covid19. L’assessore regionale alla sanità Luigi Icardi (nella foto) non ha dubbi: “
Siamo convinti di quello che facciamo perché abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata che in molti casi il virus si può combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa. Questo significa che ci si prende carico dei pazienti curandoli a casa loro”.
L’obiettivo è chiaro: affrontare il Covid prima che il paziente possa aggravarsi, se lasciato senza cure, e al tempo stesso evitare che i ricoveri e le degenze prolungate (oltre l’effettiva necessità clinica dei pazienti che possono essere curati a domicilio) determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi si trova in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità. La terapia annovera farmaci come eparina, steroidi e antibiotici, vitamina D, idrossiclorochina, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico. In più la Regione Piemonte prevede la possibilità di attivare “ambulatori Usca” per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili a domicilio, ottimizzando così le risorse professionali e materiali disponibili.
Questi ambulatori consentono il controllo dei pazienti a cadenza regolare e offrire prestazioni adeguate per una diagnosi e una gestione più appropriata della malattia.
Colpisce, nel caso piemontese, il ricorso alla vitamina D, raccomandato già un anno fa dai migliori medici, spesso sbeffeggiati dai virologi “televisivi”. A inizio pandemia proprio l’Accademia di Medicina di Torino aveva istituito un gruppo di lavoro, coordinato dal presidente Giancarlo Isaia, professore di geriatria, e da Antonio D’Avolio, professore di farmacologia all’università di Torino, composto da 61 medici di diverse città italiane con l’intento di fornire un contributo e un supporto scientifico alle istituzioni.