di Andrea Guenna – Per carità, non è sbagliato, ma il gregge, al plurale, se diventa femminile è meglio. Il maschile plurale, in questo caso, è improprio e desueto. Il motivo di questo cambiamento di genere, passando dal singolare al plurale, sta nel fatto che “il gregge” deriva dall’italiano arcaico “la greggia” che è femminile, e al plurale faceva “le gregge”. Oggi che si parla de “il gregge” è necessaria una variante al plurale per cui mantiene la versione originale “le greggi”, ma con la “i” finale per distinguerlo dal singolare con la “e”. Per cui se dirò “gregge” senza pronunciare l’articolo “il” mi riferisco a un branco di ovini, mentre se dirò “greggi” senza pronunciare l’articolo “le” mi riferisco a più branchi di ovini. E il costrutto generale del periodo terrà conto di queste varianti. Ora, se a scrivere “i greggi” è qualcuno che non fa testo, si sorvola, ma se lo si legge in un giornale nazionale, beh, la cosa è sconfortante in quanto, in questo caso, è giusto pretendere che si scriva in italiano corretto, anche perché la nostra bella lingua dovrebbe essere patrimonio comune ma, soprattutto, di chi pretende di fare testo che ha anche il compito di tutelarla e diffonderla. Quindi il titolo del ritaglio riprodotto a margine: “Quando l’agnello portato in tavola a Pasqua proveniva dai greggi diretti verso l’Appennino”, sarebbe molto meglio se fosse: “Quando l’agnello portato in tavola a Pasqua proveniva dalle greggi dirette verso l’Appennino”.
E la didascalia della foto, invece di essere “Oggi i greggi sono sempre più rari”, dovrebbe essere: “Oggi le greggi sono sempre più rare”.
Niente di personale. Così, per la precisione.