Roma – Enrico Letta è il nuovo segretario del Pd con 860 voti su circa mille delegati e sprona il suo partito innanzitutto a non considerare già scritte le prossime elezioni: “Noi siamo alternativi alla destra di Salvini e Meloni” e “sfideremo la Lega sul territorio”. Il reduce democristiano ha detto che “non serve un nuovo segretario ma un nuovo Pd” per poi annunciare un programma che mette in fila le sue proposte per offrirle alla discussione dei circoli: “Domani pubblicheremo un vademecum su come farlo e poi ci rivedremo in Assemblea” annuncia subito dopo l’elezione alla guida del partito. Il metodo politico che propone Letta è chiaro: sostenere il governo Draghi (forse si è dimenticato che Draghi è uomo di destra proposto da Berlusconi alla guida della Bce), dialogare con tutto il centrosinistra M5s compreso, aprire il Pd superando le correnti (“che dopo giorni non ho ancora capito”) e guardando ai giovani e alle donne (ma va?). Ma soprattutto l’ex premier lancia alcune proposte qualificanti: il voto ai sedicenni, lo ius soli, la partecipazione azionaria dei lavoratori nelle imprese (e i soldi chi ce limette?), la riforma contro il “trasformismo” dei cambi di casacca in Parlamento (proprio lui lo dice?), la sfiducia costruttiva e una nuova legge elettorale superando il Rosatellum. Proposte, soprattutto lo ius soli, che catalizzano l’attenzione suscitando entusiasmo nel centrosinistra e critiche a destra. Una polarizzazione che rende subito chiaro da che parte sta il Pd, fedele a Draghi ma con la sua identità. Il nuovo segretario vuole il dialogo un po’ con tutti, a sinistra con Speranza, Bonino, Calenda, Renzi, Bonelli, Fratoianni e ovviamente con il M5s di Giuseppe Conte, in generale con tutti i partiti. L’orizzonte del Pd è chiaro: l’America di Biden e la nuova Ue che ha superato gli egoismi ed ha messo in campo il Next generation. Mentre sui migranti serve un piano europeo nuovo e diverso da quello attuale.