Alessandria (Piercarlo Fabbio) – In uno dei tanti sondaggi che costellano la formazione delle nostre opinioni sembrerebbe che il 58% degli italiani ritengano non più attuali i valori della Resistenza. Solo il 36%, di contro, li ritiene immortali. C’è un qualcosa di realistico in questa valutazione sondaggistica che è fatta conoscere proprio nel 70° del 25 Aprile? Temo di sì. La Resistenza non riesce mai a diventare storia. È cronaca, dibattitto politico, utilizzo di temi buoni per l’attualità di giornata, tribuna per darsi visibilità, addirittura bega da pollaio su chi dovrebbe essere oratore ufficiale. Tutto meno che pacato coinvolgimento delle diversità che l’hanno contraddistinta in una giornata che dovrebbe essere di tutti e che finirà per assemblare nelle strofe di “Bella ciao” gli antitalicum con i sostenitori del jobs act, gli innamorati mai delusi della Costituzione più bella del mondo (chissà quale benchmark è stato fatto per questo) e i rottamatori del “Bomba” fiorentino, che spazzano via il sistema bicamerale perfetto come se fosse un rifiuto solido urbano. Sì, ma siamo sempre e solo in un campo. Mai che si tenga in considerazione che c’è una maggioranza che di queste liturgie non sa che farsene. Vorrebbe un giorno dedicato alla Libertà, dove le tragedie intra ed extra Resistenza fossero messe sullo stesso piano, quello della povertà umana e della sua debolezza sostenuta da una politica non sempre disinteressata. Non l’avrà, nemmeno questa volta, nemmeno nel 70°, nemmeno, chissà, aspettando l’anno prossimo. E allora buona festa, almeno quella è sancita per decreto.
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