Alessandria (Riccardo Pizzorno) – Da alcuni anni assistiamo ad un aumento dell’attenzione alla cucina, ai cibi elaborati in casa ed a tutte le manifestazioni di questa tendenza.
Sono stati la crisi, la ricerca della pace e della sicurezza che in casa si possono godere, la facilità di reperire ricette e materie prime magari poco conosciute e la moda alimentata da pubblicazioni e programmi televisivi ad orientare tanti Italiani a praticare di più la propria cucina e condividere, magari con amici, il piacere di cucinare e gustare piatti creati da sé.
Stimolata dai show culinari in Tv e dai blog di esperti e cuochi professionisti, la cucina casalinga è diventata un fenomeno considerato alla moda, divertente e social, oltre che sano e conveniente, che sta trainando la domanda di una maggiore scelta di cibi freschi e di ingredienti per cucinare da zero, e di pari passo anche l’offerta di prodotti in linea con i trend emergenti da parte di produttori e retailer, che offrono anche maggiori informazioni sui prodotti e sul loro uso sui siti aziendali ma anche sul packaging e a scaffale. Secondo recenti stime Coldiretti, sono oltre 21 milioni gli italiani che dichiarano di preparare abitualmente in casa alcuni cibi quali pane, yogurt, conserve vegetali, dolci. E il trend positivo che negli ultimi anni accompagna le vendite di ortofrutta fresca e di ingredienti di base quali farine, uova e burro sembra confermarlo. Il caso più eclatante è forse quello del pane fatto in casa, un fenomeno che dapprima ha determinato il boom delle vendite delle macchine del pane, e oggi spinge i più virtuosi a cimentarsi con la lievitazione naturale e a sfidarsi a colpi di pagnotte prodotte con farine speciali, arricchite con altri ingredienti (semi, frutta secca, olive ecc), spesso fotografate e postate su Facebook ed Instagram, come del resto accade anche per altre preparazioni domestiche quali dolci, marmellate e conserve. Perché l’home made di oggi è sempre più social, sempre più condivisione di uno stile di vita e di consumo propri, liberamente scelti e praticati.
La parte d’Italia dove si cucina di più non è il Sud, come molti sono portati a pensare, ma il Nord-ovest. A farlo sono soprattutto giovani famiglie, single ed over60 preoccupati per la propria forma fisica, i quali vogliono rivedere i propri stili alimentari nel segno della sobrietà e della naturalità, ma soprattutto mettere nel carrello ingredienti di base, tradizionali e innovativi, che ben si prestano alla preparazione domestica di cibi sino all’altro ieri acquistati già pronti.
In ogni caso vogliono piatti più originali di quelli solitamente preparati. Per risparmiare si diceva, per avere un maggior controllo sulla qualità e l’origine degli ingredienti, ma anche per il gusto di personalizzare quello che si porta in tavola.
Quasi tre donne su quattro (74%) cucinano “sempre” o “spesso”, mentre solo un uomo su tre (30,5%) dichiara di dedicarsi ai fornelli con altrettanta frequenza. Fra il gentil sesso sono invece una minoranza (17%) coloro che non cucinano “mai” o lo fanno solo “raramente”, mentre un uomo su due (51%) ha indicato queste due risposte. Se si adotta una prospettiva geografica, risulta invece che nel Nord-ovest il 57% degli intervistati cucina “spesso” o “sempre” per “sé o per la sua famiglia”, la percentuale scende al 55% sia per il Nord-est che per il Centro, mentre crolla al 48% al Sud, dove ben un intervistato su cinque (22,5%) dichiara di non cucinare “mai”, e quasi altrettanti (18%) hanno risposto “raramente”. La percentuale più bassa di quelli che non si mettono “mai” ai fornelli la si trova nel Nord-est (11,5%), seguito dal Nord-ovest (14,6%).
La cucina ed il cibo in genere, secondo un’analisi condotta da Nielsen Italia i cui dati riportiamo, sono ormai parte integrante di un ambiente dinamico e formativo per gran parte degli italiani. In cima alle preferenze degli intervistati, si posizionano la propensione alla riduzione dello spreco e l’attenzione alla qualità del cibo.
Dalla ricerca emerge anche la tendenza degli italiani a considerare la cucina come un terreno di sperimentazione e il food come occasione di socialità. Infatti la sempre più diffusa partecipazione a eventi gastronomici, di street food e corsi di formazione culinaria apre le porte a un coinvolgimento diretto dei produttori, dove il cibo è l’elemento fondante e il prodotto, soprattutto se innovativo, può diventare protagonista. Le aziende, anche produttrici/distributori di accessori per cucina, hanno la possibilità di legare il proprio brand a questi eventi, beneficiandone in termini di visibilità, fidelizzazione della clientela e riputazione commerciale, garantendo allo stesso tempo la qualità vista dagli Italiani come elemento essenziale.
Secondo la ricerca “le trasmissioni televisive rappresentano la principale fonte a cui attingono gli Italiani per i contenuti di cucina/alimentazione, seguiti da stampa e siti Internet. In questi dati complessivi si celano però i differenti comportamenti delle diverse fasce di età. Gli over 65 sono molto legati alla televisione e alla stampa, mentre le fasce intermedie (dai 35 ai 54 anni) sono molto più esposte su Internet (blog, siti di cucina e app). Significative differenze emergono poi ad un’analisi sul censo: “Ad informarsi con alta frequenza sui temi di cucina ed alimentazione attingendo da stampa e internet sono soprattutto gli individui con un reddito sopra la media e con un alto livello di istruzione. La tv è la principale fonte di contenuti di cucina per individui con un livello di istruzione medio-basso”, scrivono gli esperti di Nielsen, complici le tante trasmissioni televisive su ricette e cucine, con la “stella polare” Masterchef in tutte le sue declinazioni geografiche e per età dei partecipanti. Da un altro lato del mercato, i libri di cucina, dai grandi chef alla cucina regionale, passando per quella etnica, i ricettari e le guide enogastronomiche, conoscono un successo inatteso sino a qualche anno fa. Se nel 2010 c’erano in commercio 885 titoli, nel 2013 si è passati a 1.048, il doppio di 10 anni fa (fonte: Aie). Un consumo di libri che cresce di pari passo con la necessità degli italiani di risparmiare anche sulla spesa del ristorante o della pizzeria cucinando tra le mura domestiche. E ce n’è per tutti: vegetariani, vegani, celiaci, per piatti light, amanti delle cucine regionali, etniche, aperitivi e stuzzichini con vendite in crescita che accomunano Nord e Sud del Paese. Grandi cuochi come Cracco, Oldani, Marchesi occupano ormai le prime pagine delle riviste, con interviste e richieste di pareri. Disegnano oggetti per la cucina e sono personaggi di spicco nelle Fiere e Manifestazioni Internazionali. Non da ultimo, l’Expo proporrà uno spazio di ristorazione dove grandi Chef stellati proporranno alternandosi, i loro servizi. Non si dubita sul successo dell’iniziativa.
Come detto prima, anche gli accessori ed utensili per cucinare, stanno avendo un notevole successo e allargando il range di prodotti consumati. Non più solo tortiere e coltelli da cucina di basso prezzo, ma anche accessori professionali, abbattitori, sifoni, piastre a conduzione, piani di lavoro interattivi touch-screen, estrattori di succo, forni a microonde ed a vapore, pentole in ghisa, alluminio e rame, display e allarme sonoro per stabilire tempi e temperature di cottura per una tecnologia super-smart ideata per semplificare la vita ma anche per darci sicurezza, certezze, per farci sentire simili a chi è esperto, capace, bravo, a chi sa come mettere le mani in pasta, a chi sa fare. Stessa funzione la svolge il piccolo esercito di strumenti professionali prima estranei alle cucine di casa come sac à poche, foglio termoconduttivo, forme in silicone, coppapasta e leccapentole, bastardella, pirottino, spelucchino, lardatoio, coltelli in ceramica ed altri oggetti che da un po’ di tempo hanno attirato consumatori privati. Strumenti che tutti insieme sono usciti dalle cucine stellate per entrare in quelle meno note delle nostre case per un uso consigliato, magari da cuochi professionisti impegnati in corsi di livello abbastanza elevato, come prima non si pensava si potesse tenere, risvegliando nei più virtuosi la voglia di cucinare, magari non come si faceva una volta, ma anche con modalità nuove. Si riscontra infatti un vero boom delle iscrizioni ai corsi di cucina, che dal cake design alla cucina veg, dall’intensivo di una giornata al programma semestrale, sono sempre più diffusi, numerosi e specializzati.
Un altro driver dello sviluppo della cucina casalinga è l’esigenza di risparmiare emersa negli ultimi anni, soprattutto dopo il 2008 con l’esplosione della crisi economica mondiale. Nata come controllo della spesa nelle amministrazioni centrali, la spending review è oggi vissuta dai consumatori sulla propria pelle, con un valore complessivo dei risparmi di 5.326 milioni di euro nel triennio 2011-2013 così ripartiti: 2.135 milioni legati alla riduzione dei volumi, 1.850 al cambiamento di mix delle marche, 566 all’aumento degli acquisti di prodotti in promozione, 450 alla maggiore frequentazione dei discount e 265 al maggior acquisto di marche private (fonte: Cermes su dati Iri, Nielsen, Istat). Il che, tradotto in poche parole, significa che gli italiani acquistano meno.
Differente la ripartizione dei consumi: in epoca pre crisi (2007) la fascia “premium”, l’eccellenza cioè dei prodotti alimentari comuni e regionali, rappresentava il 16,3 per cento delle vendite a valore sul totale, nel 2014 sale al 18 per cento, quasi a compensare, con un atto di gratificazione, le difficoltà indotte dalla crisi, mentre la fascia media varia di poco (78,6 per cento nel 2007 contro l’attuale 77,2 per cento) così come la fascia primo prezzo, 5,1 nel 2007, 4,8 nel 2014. E ciò nonostante un cambiamento demografico significativo, portato anche dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento di famiglie con gusti e stili di alimentazione diversi.
I nuovi stili di vita lasciano ormai davvero poco al caso: l’86 per cento dei consumatori confronta i prezzi, il 55 per cento compera solo l’essenziale e taglia il superfluo (ma una persona su tre acquista meno in assoluto), il 53 per cento sceglie prodotti scontati o in promozione, il 22 per cento opta per marchi più economici e il 9 per cento preferisce le grandi confezioni per il risparmio che offrono. (fonte: Nielsen Shopper Trade 2014)
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