LA MESSA IN LATINO EQUIVALE A QUELLA IN VOLGARE – Non è vero che la Santa Messa deve essere celebrata in lingua volgare, perché la vera Santa Messa è e sarà sempre in latino. Nel concilio vaticano secondo si è fatta una concessione per favorire la diffusione della fede ma, dati i risultati, questa scelta è stata un fallimento. Inoltre si tratta d’una scelta presa senza ricorrere al dogma dell’infallibilità papale (o infallibilità pontificia) la quale prevede che il Papa non possa sbagliare solo quando parla ex cathedra, ossia come dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei). Dunque, il dogma vale solo quando esercita il ministero petrino proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata. E non è il caso del concilio vaticano secondo. Infatti, per la dottrina cattolica, il magistero esercitato dal pontefice in certi casi non possiede il carattere dell’infallibilità, cioè quando il Vicario di Cristo non usa esplicitamente e dichiaratamente questo carisma, per cui deve sancire e confermare il suo ruolo di supremo pastore universale della Chiesa. Inoltre il Papa, quando agisce ex cathedra, deve far comprendere chiaramente che sta facendo uso del carisma del dono dell’infallibilità, ossia che sta confermando con atto definitivo una dottrina di fede e di morale, mentre non è infallibile quando esprime considerazioni di carattere scientifico, storico, di mera procedura ed altro che non riguarda la fede. Dal 1870 ad oggi il dogma dell’infallibilità è stato usato solo una volta, per la precisione da Pio XII nel 1950 quando proclamò l’Assunzione in cielo della Beata Vergine Maria in corpo e anima. Ma il concilio vaticano secondo non ha il dogma dell’infallibilità, che papa Giovanni XXIII non ha citato, e neppure il suo successore papa Paolo VI. Inoltre non presenta le quattro caratteristiche necessarie previste per l’infallibilità perché entrambi non hanno agito ex cathedra, non hanno obbligato nessuno alla messa in volgare e non hanno toccato né la fede né la morale. Tant’è che nel luglio del 2007 papa Benedetto XVI ha pubblicato il motu proprio “Summarum Pontificum” che ripristina l’uso della messa in latino secondo il rito anteriore alla riforma liturgica, in via ordinaria e senza richiesta al vescovo. Ratzinger scriveva ai cardinali che il rito antico “non fu mai giuridicamente abolito e in linea di principio restò sempre permesso”. D’altronde l’universalità della Chiesa esige una lingua altrettanto universale e questa, piaccia o no, è solo e sempre il latino.
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