Secondo la Coldiretti devono continuare a chiamarsi bistecche, salsicce e hamburger solo quelle ottenute dalla carne per non ingannare i consumatori sulle reali caratteristiche del prodotto. Ciò in riferimento al voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale.
“È inaccettabile il furto d’identità – sottolinea il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – che permette di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi e provoca confusione nel carrello della spesa. In questo modo i consumatori rischiano di trovare sugli scaffali finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come burger vegano e bistecca vegana, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne”.
“Una strategia di marketing con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne – aggiunge il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – e senza tener conto che la carne e i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni le cui ricette tramandate nei secoli appartengono di fatto al patrimonio gastronomico italiano”.
Occorre regolamentare con trasparenza sull’etichetta il consumo di nuovi prodotti che sono entrati a far parte della spesa degli italiani senza equivoci che rischiano di limitare la libertà di scelta dei consumatori. La carne finta inganna più di 9 italiani su 10 (93%) che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano. In provincia di Alessandria le stalle con bovini da carne sono circa 1.200, il 14% della produzione regionale. Il Piemonte, per quanto riguarda la carne, detiene il primato in Italia nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale. La filiera bovina conta 800.000 capi e circa 7.000 aziende, quella suina 1,2 milioni di capi per 3.000 aziende, quella ovina 122.000 capi per oltre 2.000 aziende, quella caprina più di 67.000 capi e oltre 3.000 aziende, quella avicola oltre 32 milioni di capi per 1.158 aziende e quella cunicola oltre 2 milioni di capi e 110 aziende.
La carne e i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale del territorio alessandrino le cui ricette, tramandate nei secoli, appartengono al patrimonio gastronomico italiano, permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di «carne» vorrebbe dire favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo.
L’emergenza globale provocata dal Coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa.
Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti, per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore.
Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna: Questa non è una bistecca.