Da quando, ufficialmente, sono cambiati gli obiettivi stagionali (in estate era il decimo posto ora sono i playoff ) inevitabilmente, se si vuol fare critica sportiva seria, bisogna che anche giornalisti e sportivi alzino mentalmente l’asticella quando si parla dei Grigi stagione 2014/2015. Ho sempre pensato che nel girone A ci siano almeno due formazioni più dotate della nostra ma, visto che nel calcio la matematica è solo un’opinione, sperare che l’Alessandria ottenga il massimo e gli altri no, è lecito ed ammissibile. Ritrovarsi quindi oggi in testa alla classifica, con ancora dodici partite da giocare e con le nostre coinquiline già affrontate a domicilio è già qualcosa. Una cosa è certa: per ambire a certi traguardi questo collettivo deve dare tutto quello che ha ed anche un po’ di più. Ciò detto, non basta il fatto che a dare il meglio siano il Mister e i giocatori, in quanto ogni settore della Società, pubblico e giornalisti, hanno il loro peso per raggiungere un risultato ambizioso. Ecco perché in queste ultime settimane su queste colonne, quando si parla dell’Alessandria, l’atteggiamento di ogni giocatore e della squadra in generale viene filtrato con occhi diversi e con parametri più rigorosi. Al punto che, se prima, in merito al calcio di Serie C, questa testata era spesso recepita come un’accolita di visionari con la libidine di stupire il lettore, negli ultimi tempi passiamo anche come illusi. Un mesetto fa, infatti, ho scritto che i social network sono una rovina per i calciatori incauti o poco avvezzi a far funzionare il cervello di continuo. Era appena scoppiato il “Caso Guazzo” e qualcuno ha preso la palla al balzo per accusarmi di lesa maestà: Cichi stronzo? Ammesso e non concesso che lo sia, sapete cosa ha ammesso su facebook poche settimane dopo un nostro giocatore? Che dovrà stare ai box un mesetto per infortunio, il tutto prima che fosse diramato un comunicato ufficiale della Società – che ha il diritto-dovere di farlo ma secondo modi e tempi che ritiene utili ed opportuni. Problemi causati dall’improvvido difensore mandrogno? Tecnicamente, stavolta, roba di poco conto, ma la professionalità del giocatore dov’è? Secondo voi, se il calciatore in questione, per ipotesi, a scadenza di contratto e a fine stagione si becca la pubalgia lo scriverebbe su facebook? E se dovesse rendere pubblica questa ipotetica notizia un giornalista, di cosa potrebbe lamentarsi? Come minimo si appellerebbe al diritto alla privacy. In questo caso però si aprirebbe l’annoso problema di alcuni giornalisti mandrogni che, visto che la critica sportiva non la sanno fare, si limitano al pettegolezzo, sempre inutile, spesso dannoso. E l’hanno ancora una volta dimostrato quando hanno bollato la partita contro il Pavia come figlia del catenaccio di rocchiana memoria, convinti di aver urtato la suscettibilità del Mister. Cara Penna Scadente, il “catenaccio“, se fatto bene, è un’arte, un pezzo di bravura al pari di dieci azioni d’attacco travolgenti. Rocco, uno dei padri del catenaccio, giocava con due punte vere come Sormani e Prati, un’ala d’attacco (Hamrin) e una mezza punta sublime come Rivera, senza parlare dell’Inter di Herrera. E cos’era il 4-4-2 del Milan sacchiano se non un gigantesco catenaccio attuato con il pressing sistematico sulla linea del centrocampo anziché ai margini della propria area di rigore?
Penna Scadente, fai del pettegolezzo e degli slogan altrui la tua cifra giornalistica ma di calcio, se proprio ne vuoi parlare, vai a scuola e studia, facendo però attenzione a sceglierti gli insegnanti giusti perché quelli che hai sotto mano sono cattivi maestri.
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