Torino – Questa è una delle tante, troppe storie di violenza e aggressione nei nostri ospedali che non hanno bisogno di marchingegni tanto costosi quanto inutili, ma di sicurezza e maggiore efficienza nei servizi. Ieri si è tenuta la prima udienza in tribunale contro l’aggressore, un fotografo afghano di 36 anni, arrestato dalla Mobile ad aprile e accusato di una doppia violenza sessuale avvenuta il 26 marzo scorso nel reparto di Psichiatria universitaria alle Molinette.
Quella notte di oltre otto mesi fa è entrato come una furia: nella stanza c’erano due donne ricoverate. Ha guardato la più giovane delle due e dopo averne abusato le ha detto: “Non mi piaci così tanto”, così si è avventato sull’altra colpendola a calci prima di immobilizzarla e abusarne. Nonostante le urla disperate della donna, non è arrivato nessuno fino a quando non è entrato un medico e l’aggressore ha cercato di scappare nel corridoio, ma lo ha inseguito e braccato sulla porta afferrandolo per i vestiti e scaraventato a terra. La donna è rimasta sconvolta e ancora oggi non riesce a dimenticare quella terribile esperienza. Ai cronisti ha solo detto: “Ancora mi sveglio di notte. Per mesi non ho dormito. Continuo a vedere l’immagine di quella povera ragazza (la prima vittima) con lo sguardo spento. Così gracile e così indifesa. Mi domando perché i soccorsi sono arrivati così tardi e cosa sarebbe accaduto se fossero stati più tempestivi”. Ce lo chiediamo anche noi.