Alessandria soffre di tre gravi e maligne malattie che la sua classe dirigente e politica di inetti non sa guarire.
- Prima malattia: vivere di rendita alle spalle del popolo che lavora e produce. La speculazione urbanistica ha permesso, attraverso proprietari immobiliari compiacenti che non avevano e non hanno voglia di lavorare, di far vivere di rendita la classe dirigente e politica senza pagar dazio e senza faticare troppo. Alle spalle di sindaci poveri di spirito, eminenze grigie con panfili o appartamenti nel centro di Parigi hanno imperversato e imperversano sottraendo risorse al benessere della città. Conseguenza: dissesto idrogeologico e finanziario comunale.
- Seconda malattia: feticismo ambientale. Discariche pubbliche, private e abusive, piccole e grandi industrie inquinanti, scomparsa dei veri e tradizionali contadini (e scrivo contadini e non agricoltori) che sapevano come trattare “sorella” natura (per citare San Francesco) e non “madre” natura come stupidamente la considerano i nuovi ambientalisti che di spirituale hanno solo l’alcool bevuto. Sempre alla stessa classe dirigente e politica, e sempre agli stessi proprietari compiacenti, non sembrava e non sembra vero di poter guadagnare dai loro terreni inquinandoli senza lavorare. Conseguenza: mortalità sopra la media per alcune patologie specifiche, invasione di topi e di zanzare; scomparsa dei bellissimi gelsi che facevano la storia del nostro paesaggio.
- Terza malattia: mistificazione delle origini storiche della città. Anziché immaginare e lavorare per essere degni dell’Ordine del Tempio che fondò la città, scomparso il commercio tradizionale, scomparso il centro militare, scomparso il polo logistico storico legato al trasporto ferroviario, la solita classe dirigente e politica e i soliti proprietari compiacenti non avevano certo voglia di rimboccarsi le maniche per sostenere l’industria del cappello e quindi hanno pensato di abbattere la ciminiera di Borsalino affinché non ne restasse neanche il ricordo (se non nei convegni seguiti da trenta intellettuali di sinistra senza arte ne parte). La cosa veramente incredibile è che chi produceva caschi per motocicletta ha smesso proprio quando il casco è diventato obbligatorio per legge; una vera vergogna per quei Templari che col sudore e col sangue hanno fatto grandissima Alessandria. Conseguenza: popolo sempre più povero e pochi “rentier” (quelli che vivono di rendita, cioè senza fare fatica) sempre più ricchi.
Se oggi fosse ancora vivo qualcuno di quei Templari che resero ricco l’intero Monferrato e la piana dell’alessandrino e del tortonese, a parte dar fuoco ai palazzi istituzionali della città, si metterebbe subito all’opera per:
- fare della Cittadella il centro di studi e di analisi militare per la difesa del XXI Secolo, visto che come siamo piazzati oggi persino l’esercito del Burkina Faso ci conquisterebbe;
- far rinascere il polo logistico ferroviario e su gomma dedicando tutti gli sforzi possibili per recuperare la centralità di Alessandria tra Milano, Torino e Genova, pensata proprio dai Soldati di Cristo;
- smetterla di fare fotovoltaici inutili se non per i soli proprietari compiacenti e per la solita classe dirigenziale e politica e ridare all’agricoltura tutto il suolo possibile riprendendo le coltivazioni dei nostri Padri (gelsi compresi);
- chiudere definitivamente con discariche e industrie inquinanti e dedicarsi alla bonifica di tutte le schifezze sotterrate sul territorio di Alessandria;
- smetterla con manifestazioni pseudo culturali che lasciano dietro di loro solo il puzzo dei loro cervelli e riportare in centro le sagre e le fiere di un tempo dove il popolo mangia e beve a buon mercato e si diverte con tutta la famiglia;
- ritornare a fare dello storico “sanatorio” un centro nazionale contro le malattie infettive e quelle derivanti dai fattori inquinanti del nostro tempo.
Lo dobbiamo ai Templari, altrimenti la nostra vergogna storica sarà indelebile per l’eternità.