Torino – Il fatto ha dell’incredibile: il 9 marzo 2023 alla clinica Maria Pia Hospital, Carla Raparelli, 71 anni, era morta da poco perché le avevano infuso una trasfusione di sangue senza che ne avesse necessità e per errore. Perché quella sacca era destinata a un altro ricoverato, un uomo, di gruppo sanguigno non compatibile col suo. La clinica ha denunciato il fatto, sono scattate le indagini che il pm Giorgio Nicola ha chiuso in questi giorni chiedendo il rinvio a giudizio per un medico e un infermiere accusati di non aver rispettato la procedura di controllo nazionale prevista per le trasfusioni, verificando la compatibilità immunologica e la corrispondenza dei dati tra sacca e paziente prima di iniziare. Secondo le indagini quella maledetta sera non sarebbero state rispettate le linee guida del ministero “per la prevenzione della reazione trasfusionale” e nemmeno quelle interne, il “protocollo Gestione Sangue ed Emoderivati” datato 19 dicembre 2022. L’infermiere avrebbe attaccato la flebo alla donna alle 21 e 15. Ma sia lui che il cardiochirurgo sono accusati di aver in precedenza “omesso di procedere ai necessari controlli di identità, corrispondenza e compatibilità immunologica teorica, confrontando i dati presenti sulla singola unità di emocomponenti, che erano intestati a un altro ricoverato, con quelli della paziente Carla Raparelli, omettendo di identificarla a letto per verificare se il suo nominativo corrispondesse con quello sulla sacca trasfusionale”. Insomma hanno immesso nelle vene della paziente un sangue diverso dal suo ed è morta. Questa è la sanità italiana e a Torino in Regione si parla di nuovo ospedali, quando quelli che ci sono vanno benissimo, ma non va bene il personale medico che è poco e scarsamente qualificato. È lì che bisogna spendere. Ditelo alla premiata coppia Priano-Riboldi.