Torino – Ferma la casa, viaggia solo l’auto. Chiesti meno mutui per comprare casa, in controtendenza solo il mercato delle auto
Aumentano reddito e lavoro ma l’inflazione è più forte e le famiglie tagliano i consumi. Questa la foto della situazione economica in Piemonte dove crescono occupazione e reddito, ma cala il potere d’acquisto delle famiglie, eroso da un’inflazione che, a Torino e nell’area metropolitana, incide soprattutto sui costi delle abitazioni mentre nei piccoli centri fa schizzare verso l’alto le spese per alimentazione e riscaldamento. Lo rende noto il rapporto annuale della Banca d’Italia: sebbene nel 2023 il reddito disponibile lordo delle famiglie piemontesi sia cresciuto del 4,8%, arrivando a 23.361 euro (il 10,8% in più rispetto alla media italiana), il potere d’acquisto ha continuato a ridursi a causa dell’incremento dei prezzi: in termini reali, il reddito è diminuito su base annua dello 0,4% e dell’1,9% se confrontato con i livelli pre pandemia. Una dinamica che si è leggermente invertita solo nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, grazie soprattutto alla riduzione delle spese per energia e costi delle utenze, con una dinamica che sembra confermata anche nei primi mesi del 2024. Complessivamente, la variazione sui dodici mesi dell’indice dei prezzi al consumo per la collettività è passata dall’11, 3% di dicembre 2022 allo 0, 8% di fine 2023 ma, nella media dell’anno, è stata comunque elevata, 6,1% a fronte del 7, 5 del 2022. Guardando in particolare agli acquisti di beni durevoli, che rappresentano quasi un decimo del totale, i dati del Piemonte si allineano alla media nazionale, sostenuti dalle vendite di automobili, settore che ha fatto registrare una crescita del 7% delle immatricolazioni da parte dei privati, a fronte di un 12% nazionale.
Sono invece diminuiti, dopo sette anni di crescita ininterrotta, i prestiti per l’acquisto di abitazioni: in regione, i flussi di nuovi mutui sono stati di quasi 2, 6 miliardi di euro, un valore inferiore di circa un terzo rispetto al 2022 e più contenuto anche di quello registrato nella fase più acuta della pandemia. Su questo dato ha influito l’ulteriore aumento del costo dei finanziamenti, più accentuato per la componente a tasso variabile. L’andamento dei nuovi mutui è stato negativo per tutte le classi di età, compresa quella degli under 34, per la quale i finanziamenti erano cresciuti marcatamente nel biennio precedente. Il rovescio della medaglia è che sono aumentati i casi di sospensione o ritardo nei pagamenti delle rate: hanno raggiunto un’incidenza del 2% dell’ammontare complessivo: dodici mesi prima erano l’1, 2%; prima della pandemia l’1, 1%. A fronte di un calo nella compravendite di case, è però aumentata la frequenza di quelle effettuate senza ricorrere all’accensione di mutui. E questo potrebbe essere merito di una migliorata capacità delle famiglie di investire i risparmi verso strumenti finanziari più remunerativi, attività che ha portato a 182.500 euro il dato della ricchezza media. L’analisi di Bankitalia rileva che, a fronte di un calo dei depositi in conto corrente, sono cresciuti i depositi a risparmio e gli investimenti in titoli, soprattutto di Stato, nei quali sono confluite le risorse risparmiate durante la pandemia, quando le possibilità di acquistare beni e servizi erano limitate e l’incertezza sul futuro aveva spinto a un repentino aumento del tasso di risparmio. La riduzione del ricorso ai mutui ha avuto anche, come conseguenza, una diminuzione dell’1% dei prestiti di banche e finanziarie, mentre il credito al consumo ha continuato ad aumentare, così come ha continuato a crescerne il costo: i tassi di interesse sono passati dal 7, 9% di fine 2022 al 9, 4% di dodici mesi dopo, con un incremento di poco superiore a quello registrato nell’anno precedente.
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