Milano (da Tempi) Caterina Giojelli – “Parliamoci chiaro, se non è successo niente di grave è solo perché lo abbiamo evitato. Non è stata una ragazzata né un episodio irrilevante: quei ragazzi volevano fare male agli ebrei. A due passi dalle camionette e davanti alle telecamere. Noi siamo stati presi a calci e pugni, ci siamo presi le bastonate in faccia, le fioriere addosso, un ragazzo è stato accoltellato all’avambraccio. Qualcosa di grave poteva succedere e potrà succedere ancora. Perché il clima è brutto e a Milano abbiamo un problema”. Mario Furlan si è preso un cazzotto alla mascella, un paio di suoi City Angeles, che hanno letteralmente protetto la Brigata ebraica dall’assalto di un gruppo di giovanissimi nordafricani davanti al McDonald’s, hanno faccia e mani malconce, ma non è abbastanza per chi sui giornali ieri raccontava un 25 aprile, a Milano, con “momenti di tensione”; “lanci di sedie”, un giovane della Brigata Ebraica “lievemente ferito”, “insulti”.
L’assalto alla Brigata ebraica
“Insulti? Sono anni – dice Furlan – che il 25 aprile scortiamo lo spezzone della Brigata ebraica, il più contestato. Siamo abituati agli insulti e agli sputi, sapevamo che avrebbero urlato agli ebrei “fascisti”, “nazisti”, “genocidio” e a noi “servi dei sionisti”, “proteggete quelle merde”. Ma la violenza di quest’anno non l’avrei data per scontata”. Il corteo della Brigata ebraica doveva chiudersi in fondo a piazza Duomo, dove c’erano le camionette della polizia.
Ma c’erano anche i Maranza, italiani di origine maghrebina di seconda e terza generazione sgusciati fuori dal Mc Donald’s: ragazzi che ufficialmente nulla hanno a che vedere con antagonisti e militanti del corteo pro Palestina che stavano fischiando le autorità o scontrandosi con le forze dell’ordine in mezzo alla piazza e sotto il palco, ma che non hanno esitato un attimo a scagliarsi contro la Brigata usando le aste delle bandiere e pezzi d legno come bastoni. “Noi siamo disarmati, ovviamente, ma abbiamo un addestramento specifico in fatto di difesa personale e dietro lo striscione della Brigata c’erano tante donne e anziani – racconta Furlan a Tempi -. In breve la situazione è degenerata e quando è spuntato un coltello è arrivata anche la polizia”.
L’errore di sottovalutare i “Maranza”
Un gruppo sparuto, poco a che vedere con i “colti” arabi alleati dei Carc, i centri sociali, gli antagonisti con la kefiah e gli slogan, militanti e anarchici che agiscono come i black block: hanno capi, una strategia. I Maranza invece sono cani sciolti e per questo ancora più pericolosi. Smettiamola di vederli come i ragazzi dei Mc Donald’s e dei furtarelli in fissa con la trap: la notte sono i padroni del centro di Milano e dei quartieri di periferia, sono arrabbiati, agiscono in branco con furia e ignoranza. Non sanno davvero dove sia e cosa succede a Gaza né gli importa: odiano gli ebrei e odiano gli occidentali. Non vanno in moschea, né seguono il Corano, si ubriacano, fumano, si drogano ma si dicono musulmani per rivendicare l’appartenenza a un gruppo e agire in gruppo. Basta loro la vista di una Stella di David per farli reagire». Balordi senza Dio e questo, spiega Furlan, è paradossalmente il terreno più fertile per la radicalizzazione, l’arruolamento in bande di ogni genere, la violenza.
Dieci anni fa non si parlava di loro: oggi, come già spiegò a Tempi l’ex procuratore dei minori Ciro Cascone, il 69 per cento dei reati (rapine con lame e spaccio), viene dalle cosiddette baby gang formate per il 72 per cento da stranieri e italiani di seconda generazione. Non siamo parlando di minori non accompagnati, nemmeno dei clochard e o dei senzatetto che popolano le strade di Milano aiutati dai City Angeles ogni sera, ma di ragazzi di periferia e contesti disagiati, che non vanno a scuola e non si integrano. Che si sentono emarginati e arrabbiati come i coetanei delle Banlieue francesi e rapinano quelli italiani. Non hanno il problema di Gaza. Ma sono bombe a orologeria.
I City Angels hanno avuto a che fare più volte con loro. I più “anziani” hanno poco più di vent’anni, e si muovono “come hooligans impazziti, in branco. Come il gruppo che nel Capodanno 2022 fece muro umano e compì violenze brutali su due giovanissime ragazze in piazza Duomo. O quello che l’ultimo Capodanno ha innescato la guerriglia nel quartiere San Siro con sassaiole contro la polizia, risse e incendi. O come il branco che ha passato la notte nel centro di Milano a lanciare petardi tra la gente spaventata. I coetanei hanno paura dei Maranza, le ragazze sono terrorizzate”. Furlan ha provato a parlare con qualcuno di quelli che ha assaltato la Brigata Ebraica: “Non hanno il problema della Palestina, di indossare la kefiah o condividere gli slogan dei cortei, ripetono solo che non si sentono italiani, odiano gli ebrei, l’Occidente e sono arrabbiati. E vogliono distruggere, o meglio sfogare la loro rabbia, su tutto ciò che rappresenta ciò che odiano. Per questo non è possibile sottovalutarli in un contesto come quello di oggi, di tensioni, scontri e rappresaglie. Loro cercano occasioni di violenza. Sono bombe a orologeria”.
Le violenze di Capodanno e la radice del problema sicurezza a Milano
Il 25 aprile è stata un’occasione. C’è una generazione che non è arruolabile nelle battaglie identitarie, non indossa la kefiah sopra le felpe preppy come i coetanei sotto il palco o nei campus dal Regno Unito all’America, non sventola striscioni e non sa chi siano l’Anpi o Scurati. Non preoccupa la politica, non scomoda gli editorialisti, se non per i distinguo “sono Maranza, non c’entrano con la Palestina”. E se non ci fossero stati i City Angeles, si sarebbero presi forse la piazza e i titoli sul 25 aprile a Milano.