Novi Ligure (Andrea Guenna) – Ormai gli anni ci sono (71) e mi chiedo se non sia meglio per me andare con gli amici a giocare a bocce alla Soms anziché continuare a fare il cronista dopo 56 anni di servizio, cioè da quando ero un liceale di belle speranze.
Sempre in prima linea. Sempre in mezzo alle grane. Sempre in Procura per difendermi dalle querele.
No. Il giornalismo è questa roba qua, bisogna prenderlo per quello che è: una “droga” dalla quale non riesci a staccarti. Anche se guadagni solo quello che serve per vivere… e bon.
No. Il giornalismo vuol dire curiosità. E curiosità inchiesta. Il che significa porsi delle domande che attendono risposte e se queste risposte non vengono, bisogna insistere fino allo sfinimento e porsi di nuovo le stesse domande finché non arrivano quelle maledette risposte. Non bisogna mollare mai perché hai tempo tutta la vita per fare luce anche sulle vicende più oscure.
In questi giorni sono passati poco più di 13 anni dalla tragica morte di Andrea Piculla, il Para’ della Folgore deceduto all’età di 25 anni nella notte fra giovedì 2 e venerdì 3 dicembre 2010. Un bravo ragazzo che abitava a Cassano Spinola coi suoi e che, in quel periodo, prestava servizio in Afghanistan, morto in circostante ancora non chiarite anche se qualcuno ha fatto in modo che sulla triste vicenda fosse scritta la parola “fine”. Come per David Rossi, capo della comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena, “suicidato” da chi l’ha spinto dalla finestra il 6 marzo 2013, e trovato morto sulla strada su cui si affacciava il suo ufficio.
Anche Piculla è caduto di schiena (?) il che vuol dire che qualcuno l’ha spinto dal quinto piano del palazzo costruito dalla Simaf Srl. Un edificio in quel tempo ancora in costruzione, sito a Novi in via Pietro Isola.
Si tratta di un caso per me ancora insoluto – quindi tristemente attuale – perché le domande non hanno avuto mai risposta. E se passano gli anni, la curiosità non passa.
La domanda principale è: perché un Para’ ha voluto togliersi la vita buttandosi dalla finestra?
Lo poteva fare un panettiere, un giornalista, un taxista, ma non un sergente della Folgore super addestrato e in servizio permanente effettivo. Cioè un professionista delle cadute. Uno che si allena tutti i giorni a precipitare da cinque metri senza farsi un graffio.
Un Para’ se vuole ammazzarsi si butta in un fiume in piena per annegare, si dà una coltellata al ventre, si impicca a un trave del soffitto, si spara un colpo di pistola in bocca, ma non si butta dalla finestra perché, male che vada, con l’addestramento che ha, grazie all’istinto del combattente e allo spirito di sopravvivenza che prorompe, sa come cadere e si rompe qualche osso e magari anche il bacino ma dopo un po’ è di nuovo in piedi. Eppure l’esperto Para’ Piculla si sarebbe buttato dalla finestra (nell’immagine a lato il palazzo Simaf con la freccia che indica la traiettoria della caduta).
E allora, vediamo almeno com’è caduto. C’era la neve e l’impronta aveva i contorni molto definiti come se dal terrazzo al quinto piano fosse caduto un sacco di farina e non un Para’ della Folgore che certamente avrebbe ammortizzato il colpo con le gambe e poi si sarebbe girato di lato facendo leva sulla spalla e infine sarebbe scivolato avanti con le mani allargate per evitare altri ostacoli nell’atterraggio.
Non sarebbe morto ed avrebbe lasciato un’impronta larga tre metri e lunga dieci per lo scivolamento del corpo sulla neve.
Invece no, l’impronta era tutta lì: un metro per due.
È del tutto evidente che, per cadere così, come un sacco di farina, era già morto e qualcuno deve averlo buttato giù.
Sì, ma chi? Un’altra bella domanda.
E poi: perché doveva essere buttato giù proprio da quel palazzo ? Bella anche questa.
Ora c’è da chiedersi come sia stato possibile che un palazzo in costruzione, il palazzo Simaf, a quel tempo privo dell’abitabilità, non fosse transennato per impedire l’entrata agli estranei.
Ma c’è da chiedersi anche perché scegliere proprio quel palazzo lì per precipitare dal quinto piano.
Infatti il Piculla, secondo il rapporto dei Carabinieri, sarebbe caduto da un terrazzo al quinto piano dopo aver salito le scale.
Come mai il Comune di Novi non ha effettuato delle verifiche sulla vicenda, accertando anche le responsabilità del capo cantiere e del proprietario come prevede la legge?
I genitori di Andrea Piculla, assistiti dall’avvocato Vincenzo Ferrarese, avevano chiesto di fare chiarezza sulla morte del figlio che, prima della tragedia, aveva trascorso la serata in una discoteca di Cassano Spinola.
Il Sostituto Procuratore della repubblica Giancarlo Vona che si è occupato del caso ha sentenziato che Andrea Piculla non era stato ucciso e nessuno è responsabile del suo decesso. Ma da un esame anche superficiale si capisce immediatamente che non è andata così e che quasi certamente il Piculla è precipitato quando era privo di sensi, forse addirittura già morto, e che qualcuno l’abbia gettato dal terrazzo di schiena. Non ci sono dubbi su questo.
Solo che i Carabinieri che mi hanno interrogato non hanno voluto sentire ragioni perché per loro il caso era chiuso.
Per noi di “Alessandria Oggi” invece no.