Roma – Arcelor Mittal ha rifiutato la proposta del governo di sottoscrizione dell’aumento di capitale dell’ex Ilva per 320 milioni di euro, portando la quota di minoranza del socio pubblico Invitalia dal 38% al 66%. Domani scadrà il termine ultimo imposto dal Tar per pagare i le bollette del gas, mai saldate, e poter proseguire la produzione, già ridottissima. Altrimenti gli impianti si bloccheranno. Il prossimo incontro ufficiale tra Governo e parti sociali è slittato a giovedì pomeriggio, ma i bene informati giurano che ormai sia inevitabile il commissariamento. L’indisponibilità a qualsiasi ipotesi di aumento di capitale ribadita da Arcelor Mittal, può spalancare le porte all’amministrazione straordinaria con gravissime ripercussioni sia per gli operai che per le aziende dell’indotto, che vedrebbero così sfumare i loro crediti. Solo nei confronti del settore dell’autotrasporto, Acciaierie d’Italia ha accumulato debiti per circa 20 milioni. Finora s’è tirato avanti nonostante la produzione in calo e il ricorso massiccio alla cassa integrazione per un buon 30% degli addetti. Intanto continuano i tavoli sindacali: nell’incontro di giovedì prossimo a Palazzo Chigi, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm faranno richieste precise al governo per mettere in sicurezza i lavoratori, compresi quelli dell’indotto, garantendo il controllo pubblico della società, la salvaguardia dell’occupazione, della salute e della sicurezza, oltre che il risanamento ambientale e il rilancio industriale. Sembra di più un libro dei sogni che una bozza seria di rilancio aziendale.
Nella foto l’ex Ilva di Novi Ligure