Rinnovabili insufficienti, nucleare necessario: così l’Italia si prepara all’atomo. Ha la tecnologia per rientrare nel nucleare
Roma – Si è tenuta nei giorni scorsi la Giornata Annuale dell’Associazione Italiana Nucleare. Coi 135 milioni di euro assegnati dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica all’ENEA per la ricerca e sperimentazione in campo nucleare, annunciati dal ministro Pichetto Fratin proprio durante il convegno, il mondo della ricerca italiana, effettivamente molto penalizzato negli ultimi anni, potrebbe considerarsi appagato. L’industria energivora della carta, del calcestruzzo, del vetro, della ceramica e dell’acciaio, chiedono a gran voce prezzi dell’energia stabili e programmabili, perché rappresentano la voce di spesa maggiore del loro business. Tutto senza ignorare la necessità di decarbonizzare non solo la produzione di energia elettrica ma anche di calore e, per alcune applicazioni, idrogeno. Tutte richieste alle quali l’energia nucleare è in grado di dare risposte concrete, essendo l’unica fonte primaria capace di fornire in maniera programmabile e senza emissioni di CO2, grandi quantità di tutti i maggiori vettori energetici: elettricità, calore e idrogeno. In particolare le aziende elettriche, ossia i futuri operatori di impianto nonché responsabili della loro sicurezza, sono il fulcro di tutto il dibattito. L’Italia è la Patria del “Nucleare Buono” grazie ai ragazzi di Via Panisperna (Edoardo Amaldi, Enrico Fermi – per un certo periodo Ettore Majorana – Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti, Emilio Segré – nella foto a lato) e, come noto, ENEL non è mai uscita completamente dal settore nucleare con esperienze nella conduzione (in Spagna) e nella costruzione (in Slovacchia) di centrali nucleari. Per quanto riguarda il caso slovacco, vale la pena sottolineare, anche per un futuro impegno in Italia, che ENEL ha svolto un ruolo di architetto industriale capace di elevare gli standard di sicurezza di un impianto originariamente di seconda generazione a quelli di un impianto moderno di terza generazione. Su una cosa tutti i partecipanti al convegno hanno concordato: per via delle note limitazioni universalmente riconosciute delle rinnovabili non programmabili, esse non riusciranno da sole a garantire la decarbonizzazione dell’intero settore energetico. E in ogni caso, come recentemente mostrato da uno studio condotto da Edison col supporto di Nomisma Energia, il solo tentativo di farlo costerebbe al Paese centinaia di miliardi in più rispetto a un mix col nucleare. Dunque, siccome prima o poi il nucleare in Italia andrà reintrodotto, tutti concordano sulla necessità di mettere mano alle infrastrutture materiali e immateriali di base. Secondo gli esperti bisogna aggiornare la legislazione e i regolamenti italiani nel rispetto degli standard europei e internazionali, rafforzare l’Autorità di Sicurezza, avviare una comunicazione scientificamente corretta e trasparente nei confronti del pubblico.