Alessandria (Renzo Penna) – Gli alessandrini – che per anni hanno letto o sentito di un mirabolante progetto dall’accezione avveniristica e fantascientifica il quale avrebbe risolto tutti i problemi della loro città: dalla sicurezza, all’illuminazione con i pali intelligenti, alla mobilità e alla gestione dei rifiuti tramite i cassonetti, anch’essi, intelligenti – di recente hanno scoperto che il progetto della “Smart City” è stato accantonato in quanto, per diverse ragioni, non realizzabile.
Un progetto presentato, nel maggio dello scorso anno, nel principale teatro di Alessandria e, ancora, nella sala del Disit dell’Università del Piemonte Orientale e in quella di Palatium Vetus della Fondazione Cassa di Risparmio. Oggetto altresì di una diffusa campagna di comunicazione incentivata, in particolare, nei primi mesi del 2022 in previsione delle elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione comunale.
A dire il vero una prima proposta “Smart”, avanzata dalla società “Amag” nel corso del 2019 e approvata dal Consiglio Comunale nel giugno del 2020, aveva soprattutto riguardato la ‘modernizzazione’ del servizio e della gestione dei rifiuti urbani di “Amag Ambiente” attraverso l’installazione di ‘cassonetti intelligenti’ e l’acquisto delle attrezzature necessarie per la loro movimentazione.
Una proposta dal valore di 12,5 milioni di euro che prevedeva il posizionamento dei primi cassonetti nell’estate del 2021 e il cui costo sarebbe stato sostenuto da, non meglio precisati, ‘risparmi’ legati alle nuove modalità della raccolta. Una iniziativa che non tutta la dirigenza di Amag aveva però condiviso e portato alle polemiche dimissioni dell’amministratore delegato. Nella sostanza si voleva confermare la raccolta ‘porta a porta’ nel centro della città e in una parte del quartiere Cristo, mentre i nuovi cassonetti, dotati di diverse e innovative funzioni, avrebbero dovuto sostituire, anche se in un significativo minor numero, tutti i tradizionali contenitori stradali.
Una soluzione difficilmente praticabile e le cui problematicità abbiamo, per tempo, evidenziato, vista l’ampiezza dell’area che le nuove attrezzature avrebbero dovuto servire, essendo la superficie del Comune di Alessandria tra le più estese della regione. Era infatti del tutto prevedibile che, per coprire l’intero servizio, un consistente numero di cassonetti tradizionali avrebbe dovuto essere confermato sulle strade, mettendo così in capo ad un’azienda, che già accusava diverse criticità, ben tre diversi sistemi di raccolta.
Sulle modalità di raccolta dei rifiuti urbani il centrodestra alessandrino ha, nell’occasione, confermato una preconcetta preclusione nei confronti di quella domiciliare. Atteggiamento difficilmente comprensibile se si prende atto che le amministrazioni di centrodestra del Piemonte – da Novara a Vercelli e da Asti a Biella – sono state e sono, con ottimi risultati, convinte sostenitrici del ‘porta a porta’. Ad Alessandria, invece, per l’intera durata della precedente amministrazione nulla di concreto è stato fatto e la città risulta essere, per quantità di rifiuti prodotti e percentuale di differenziata selezionata, il peggiore capoluogo della regione.
Nella seconda metà del 2020 il progetto di Smart City cambia assumendo la forma di un project financing e, a tal fine, viene costituito il “Consorzio Amag Servizi”. L’investimento previsto è di 25 milioni di euro, 12 dei quali destinati ai ‘cassonetti intelligenti’ e 13 ai pali della luce. La concessione sarà di 15 anni per i primi e 30 per i secondi. Una proposta unica per due servizi le cui modalità di gestione risultano molto differenti e richiedono competenze non sempre riscontrabili in un unico soggetto d’impresa. Meglio sarebbe stato separare i progetti, una decisione che, probabilmente, avrebbe permesso di realizzare con soluzioni innovative almeno quello riferito all’illuminazione pubblica.
L’avvento del “covid” ha rallentato i lavori che sono ripresi nella seconda parte del 2022 con la costituzione di una Commissione di esperti e l’individuazione del soggetto promotore, il quale doveva avere il compito di indire una gara pubblica. I costi di questa complessa procedura risultano essere stati per il “Consorzio” pari a 270 mila euro che, è stato detto, sarebbero stati rimborsati dal vincitore in dieci anni.
Adesso, di fronte al fallimento del progetto della Smart City, oltre ad avere, come cittadini, la necessità di una più puntuale informazione sui costi sostenuti dal pubblico, per un’operazione chiaramente mal congegnata e diretta, sarebbe bene evitare di gettare, insieme alle cose che non hanno funzionato, anche il “bambino Smart”.
Le “città intelligenti”, infatti, si stanno affermando anche in Italia e, grazie all’innovazione tecnologica, possono, se ben gestite, migliorare la qualità della vita promuovendo sostenibilità, sicurezza e inclusione sociale a beneficio sia dei cittadini che delle attività produttive. Per essere efficace e risultare socialmente inclusiva e a misura d’uomo la transizione verso una Smart City deve però rimanere saldamente in capo al governo della comunità che la promuove, non affidarsi solo e in maniera fideistica alla tecnologia, ma prevedere sempre la partecipazione consapevole dei cittadini agli obiettivi che si intendono raggiungere