di Mario Ronzini – Che cosa ci dice la storia e la tradizione di San Tommaso, noto per la pretesa di vedere per credere? L’unico evangelista che ci fornisce notizie su Tommaso detto Didimo, è Giovanni che lo cita ben sette volte nel suo Vangelo. Ebbene, il soprannome significa “gemello”. Ma gemello di chi? Gli scritti apocrifi, che la Chiesa ritiene non rivelati, attribuiti a Tommaso sono abbondanti: un Vangelo, degli Atti e una Apocalisse. In essi si legge chiaramente che Tommaso era fratello gemello di Gesù. Per esempio, negli Atti di Tommaso, leggiamo: “Fratello gemello di Cristo, apostolo dell’Altissimo…”. Da non dimenticare che nei miti che si riferivano ai fondatori, il tema del “doppio” era un classico. Vedi Romolo e Remo; Castore e Polluce. Anche a Edessa, ora in Turchia, città fondamentale per la diffusione del cristianesimo nel 1° secolo verso Oriente, era attestato il culto dei cosiddetti “messia gemelli”, chiamati Momin e Aziz. Tra l’altro, proprio in questa città nacquero alcuni degli scritti apocrifi attribuiti a Tommaso. Questa strana “teoria dei gemelli” continuò ad affiorare nel Medioevo come anche nel Rinascimento. Nel famoso “Cenacolo” di Leonardo da Vinci, qualcuno ha visto, per esempio, un “doppio” somatico di Gesù. Uno studioso della Bibbia ha risolto la questione dei gemelli scrivendo che semmai “Tommaso è gemello di Gesù perché è il solo discepolo disposto a dare la vita per lui (Gv 11,16)”, anche meglio di Pietro che rinnegherà il Signore per tre volte. Un altro autore scrive che, se Tommaso è gemello, lo è piuttosto di noi, è il “nostro doppio”; è l’uomo che, con stupore, riconosce la sua vera immagine nelle ferite del Signore risorto. Mentre il Papa San Gregorio Magno, contro la comune opinione, ebbe a scrivere: “Maria Maddalena, così pronta nel credere, non mi è stata utile quanto Tommaso, che fu tanto lento”. Per la cronaca, che non ha serietà scientifica, Tommaso avrebbe evangelizzato la Siria e perfino l’India, dove sarebbe stato ucciso con un colpo di lancia. Quando avrete l’occasione di fare una visita nella Basilica di San Marco, alzate gli occhi all’arco del mistero pasquale (fra la cupola della Pentecoste e quella dell’Ascensione). Vedrete uno splendido mosaico che raffigura il momento nel quale Tommaso mette il dito della mano destra nella ferita del costato di Gesù e con la mano sinistra regge un cartiglio con la scritta: “Dominus meus et Deus meus”, una professione di fede forse superiore a quella di Pietro, quando rispose alla domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia”?